Agorà

Anniversario. Dieci anni dopo, il viaggio di Claudio Chieffo non conosce fine

Luciano Lanna venerdì 4 agosto 2017

Il cantautore Claudio Chieffo

Innanzitutto, la sua immancabile chitarra Eko. Poi i suoi tratti: alto e robusto, il profilo del volto incorniciato da una bella barba tra il castano e il rossiccio. Lo sguardo mite e diretto al cuore delle persone e degli avvenimenti. E quindi suo accento romagnolo, anche se la famiglia paterna veniva dal Molise. Claudio Chieffo scomparso sessantaduenne il 19 agosto 2007, è stato il cantautore "con la fede" più ascoltato e cantato in tutte le parti del globo. Alle sue spalle, l’incisione di dieci album – il primo, La casa, nel ’77 – e oltre tremila concerti in tutto il mondo. Se a-vesse dovuto diventare regola – ha annotato Paolo Vites, critico musicale ed esperto di Dylan e Patti Smith – quella che prevede che gli autori delle canzoni eseguite in chiesa sia corrisposto il diritto d’autore, come per ogni brano che passa alla radio o in tv, Chieffo sarebbe diventato milionario: «Un giusto riconoscimento, visto quante migliaia di volte le sue canzoni sono state eseguite, spesso senza neanche sapere che lui fosse l’autore».

D’altronde, canzoni come I cieli, Il seme, Lasciati fare, Ballata dell’uomo vecchio, Non avere paura, Io non sono degno, Stella del mattino hanno sostenuto per decenni e decenni messe e raduni, illustrato catechismi e ritiri spirituali, così come hanno segnato passi importanti della storia di migliaia di persone. C’è chi ha detto che Chieffo ha rappresentato per una certa generazione di cattolici (quella vicino a Cl ma non solo) la stessa influenza e la stessa identificazione che Guccini ha rappresentato in generale per la stessa generazione. Sostenuto dall’incontro con don Francesco Ricci e con don Luigi Giussani, animato da un rapporto continuo con i monaci della Cascinazza e le trappiste di Vitorchiano, rafforzato dall’amicizia col pittore William Congdon e dall’interlocuzione con i "colleghi" laici Guccini e Gaber, Chieffo è stato un cantautore a tutto tondo, in grado di scrivere e cantare brani dalla straordinaria potenza lirica. «Non avevano – ha precisato Vites – quel tono piagnucoloso che molti dei cosiddetti cantautori di casa nostra adottavano spesso nel tentativo di farti sentire meno uomo perché tu non stavi soffrendo come loro».

Come per De André e Gaber, anche Claudio ha ora un figlio che tiene in vita la sua opera. Tre anni fa è infatti uscito un cd, He is Here - Benedetto canta Chieffo, e Benedetto è uno dei figli del cantautore di Forlì. Nel decennale della morte, dal 20 al 26 agosto, il Meeting di Rimini ospita la mostra “A tutti parlo di Te. In viaggio con Claudio Chieffo”, uno spazio musicale con video inediti, testimonianze e parole per riscoprire e incontrare il cantautore, attraverso la sua musica che – come disse don Giussani – «ci ha investiti tutti e dura tuttora». Il lavoro curato da Massimo Bernardini, Paolo Vites e Alessandra Stoppa, coadiuvati dal Comitato Amici di Claudio Chieffo, viene esposto in una ambientazione che ricorda volutamente la cassa armonica di una chitarra. Il tutto per evocare gli inconfondibili «parametri spaziali – scriveva Alberto Melloni – definiti dalla potenza sonora della chitarra Eko, lo strumento di Lucio Battisti e di Claudio Chieffo».