Agorà

UN ANNO DALL'ADDIO. «Ciao Lucio, non dimentichiamo la tua fede»

Filippo Rizzi venerdì 1 marzo 2013
A un anno esatto dalla sua morte Bologna ma soprat­tutto la sua «basilica del cuore» San Domenico renderà o­maggio a Lucio Dalla. Questa mattina alle 10.30 a presie­dere la Messa di suffragio sarà l’a­mico di sempre del cantautore di piazza Grande il padre domenicano Bernardo Boschi. «Abbiamo deciso – racconta il frate biblista con un passato di studi all’École Biblique di Gerusalemme – di ricordare, con il consenso dei suoi familiari, Lucio nella basilica in cui veniva a prega­re, a confessarsi e ci è sembrato bel­lo fare iniziare questo rito proprio alle 10.30 nel momento in cui, un anno fa, è spirato in Svizzera».Sono tanti i ricordi che affastellano la mente di questo religioso molto dot­to e, allo stesso tempo, alla mano sul suo amico Lucio conosciuto sul fi­nire degli anni Sessanta che fu cat­turato dai racconti di questo frate sulla Bibbia e la «amata terra di Ge­sù »: «Mi è sembrato bello intitolare l’omelia che pronuncerò con que­ste parole Caro Lucio ti scrivo… per manifestargli quanto ci è mancato in questo lungo anno da 'quando sei partito…', ma anche raccontare la profonda vena mistica e religiosa che ha sempre albergato nell’animo di questo cantautore, un vero 'giul­lare di Dio' alla Fellini che, a mio giu­dizio, se era così radicato nella fede cattolica lo doveva soprattutto ai ru­dimenti di catechismo e di fede, ap­presi da sua madre». Padre Boschi estrae dall’album dei suoi ricordi le lunghe nottate tra­scorse con il suo amico Lucio a par­lare di Gesù, alle sue domande sul­l’aldilà, al fatto che se lo trovava alle prime ore del mattino in ginocchio a pregare in San Domenico «tutto solo», al fatto che la sua forza stava anche nella sua «fede rimasta ancora infantile». La mente di padre Boschi corre ai funerali di un anno fa in San Petro­nio all’incipit della sua omelia, pro­nunciata a braccio, all’accostare l’a­nimo dell’autore di canzoni come Caruso e Come profondo è il mare a Milan Kundera e alla sua «insoste­nibile leggerezza dell’essere»: «Ram­mento che la gente fu colpita dalle mie parole, dette a braccio, e dal fat­to che raccontai la storia di un uo­mo geniale, credente a suo modo e delle sue devozioni personali come quella per padre Pio e ricordo che scoppiò un’ovazione al pronuncia­re le parole Buon Compleanno Lu­cio … ».Padre Boschi oltre a descrivere la fi­gura di un Dalla credente, privo di o­gni forma di «bigottismo», ne rivela un aspetto inedito: «Si preoccupava molto nella sua cerchia di amici del mondo della musica soprattutto du­rante gli anni della contestazione del 1968, nella maggioranza dei casi, a­gnostici di far loro riscoprire la bel­lezza di un rapporto con una fede personale e a volte mi diceva quasi con insistenza: 'Sai dobbiamo por­tare questo mio amico alla fede per­ché è molto smarrito….'. Non c’e­rano in lui tentativi di proselitismo ma la voglia di far scoprire la bellez­za del dono della fede di cui Lucio e­ra testimone a suo modo». Il profondo rispetto per la pratica dei sacramenti, come della penitenza e le visite «dei veri e propri tour» in ba­silica dove spiegava da vero «Cicerone» (gli dicevo, strap­pandogli un sorriso, citando Manzoni, quasi «come un li­bro stampato») ai suoi ami­ci artisti la storia di un luo­go di culto monumentale come san Domenico («im­pressionava con che passio­ne spiegava le cose della fe­de ») sono altri particolari che emergono dalla mente di padre Boschi: «Ricordo che gli piaceva raccontare i simboli cristiani di questa chiesa o confrontarsi con un mio confratello sui temi del­l’Aldilà, sul purgatorio, in­ferno e paradiso e poi mi di­ceva con il suo stile inconfondibile e la sua bella inflessione bolognese: 'più chiaro di così…'.E poi certa­mente memorabile è stato, dopo un concerto a San Remo, la sua esibi­zione in convento solo per noi do­menicani dove ci cantò, per la gioia dei padri, Il Cielo… Anche questi e­rano i suoi gesti di inaspettata gene­rosità. Era affascinato dalla storia del mio Ordine e ricordo che mi confi­dava di trovarsi più in sintonia con San Domenico che con San Tom­maso d’Aquino, perché lo riteneva troppo dotto e intellettuale…». Il sorriso, la sua generosità ad ol­tranza, quello sguardo da mene­strello e da folletto, il suo distacco dalle cose esteriori e – strano a pen­sarsi – da tutto ciò che «rappresen­tava chiasso e rumore» sono le i­stantanee che più tornano in men­te a padre Boschi sul suo amico Lu­cio: «Vorrei che fosse ricordato per la sua arte, per il meglio delle sue can­zoni, per la sua umanità ma anche per la sua fede e devozione, non co­dificabile e clericale, ma estrema­mente libera, tipicamente paolina, che è propria dei figli di Dio e che pochi, ahimé, hanno capito».