Agorà

Letteratura. Ci vuole un teologo per capire l’Area X

Alessandro Zaccuri mercoledì 16 dicembre 2015
Quelli della Brigata di Scienza e Spiritismo girano sempre in coppia, ma il fatto strano è che, tra i due, la più incline alla superstizione è la scienziata. Non che l’altro, lo studioso dell’inspiegabile, abbia le idee molto più chiare, tant’è vero che a un certo punto Saul, il guardiano del faro attorno al quale si svolgono le indagini, avrebbe voglia di spiegargli che credere in Dio non significa necessariamente credere nell’occulto. Saul se ne intende, perché prima di finire in quell’avamposto marino nel Sud degli Stati Uniti è stato un predicatore in una qualche congregazione evangelica, nella parte settentrionale del Paese.Bisogna masticare un po’ di teologia e, più che altro, avere una certa dimestichezza con la Scrittura per orientarsi nei meandri dell’Area X, il luogo/non luogo – organismo senziente, semmai, o distopia cosmica, se non insidiosa creazione di un demiurgo in vena di ironia – che sta all’origine della trilogia dello scrittore americano Jeff VanderMeer tradotta da Cristiana Mennella per Einaudi. Tre romanzi concatenati fra loro, dunque, e tre titoli che anche nell’originale iniziano tutti con la lettera “a”: Annientamento (pagine 186, euro 16,00), Autorità (pagine 286, euro 17,00) e Accettazione (pagine 282, euro 17,00). Sono, a ben vedere, le tappe di un percorso mistico, che i principali personaggi dell’intricata vicenda affrontano da prospettive e con esiti differenti. Ammesso e non concesso che laggiù, nell’Area X, un concetto come “differente” abbia ancora diritto di cittadinanza. Che cos’è, un’altra saga di fantascienza? Sì e no. VanderMeer, classe 1968, è considerato il capostipite di un genere finora mai documentato, proprio come la flora e la fauna nella quale ci si imbatte esplorando il suo mondo immaginario. È il teorico del New Weird, espressione non semplicissima da riproporre in italiano: weird sta per “strano”, ma anche “inquietante”, “perturbante”. Per farsi intendere il “New York Times” ha suggerito un incrocio fra le mostruose fantasie di H.P. Lovecraft e il naturalismo militante proclamato da Henry David Thoreau nel celeberrimo Walden, o la vita nei boschi. A noi europei, invece, l’idea di un territorio soggetto a una mutazione inspiegabile, di probabile origine extraterrestre e con terribili conseguenze per i terrestri, non può non ricordare uno dei capolavori cinematografici di Andrej Tarkovskij, Stalker (1979), ispirato al romanzo Picnic sul ciglio della strada dei fratelli Arkadi e Boris Strugatzki (in Italia è edito da Marcos y Marcos). Allo stesso modo, la presenza di una glottologa all’interno della Southern Reach – l’ineffabile agenzia governativa che studia e sorveglia l’Area X – sembra rimandare alla figura del filologo Elwin Ransom, protagonista della “trilogia spaziale” pubblicata tra il 1938 e il 1945 da C.S. Lewis, lo scrittore inglese amico di Tolkien e autore anche delle Cronache di Narnia.Il mistero dei misteri da cui tutto nell’Area X sembra dipendere è insieme biologico, linguistico e biblico. Si tratta di una lunga scritta che appare sulle pareti, o membrane, di una caverna, o tunnel, o torre capovolta che di volta in volta appare e scompare dalle mappe della zona. Non diversamente dal sermone del killer Jules in Pulp Fiction di Quentin Tarantino (1994), l’iscrizione non rimanda a una citazione riconoscibile, è semmai un centone di brani scritturistici più o meno orecchiati, più o meno vaticinanti e minacciosi. Il testo comincia così: «Dove giace il frutto soffocante che giunse dalla mano del peccatore io partorirò i semi dei morti per dividerli con i vermi che si raccolgono nelle tenebre e circondano il mondo col potere delle loro vite» e sembra proseguire all’infinito, vergato da una creatura pressoché irriconoscibile, alla quale viene riservato l’appellativo di Scriba. Analisi di laboratorio e testimonianze registrate da una parte, rituali e superstizioni dall’altra: l’Area X è un posto nel quale il principio di non contraddizione risulta sospeso. È una conseguenza della visione complessiva che sostiene la trilogia, quella di un immanentismo delirante per cui la nozione di Deus sive natura  finisce per produrre esiti aberranti e distruttivi. Piovuta da chissà dove (anzi, situata chissà dove), l’Area X assimila tutto e tutti a sé, senza mai rinunciare all’astuzia di mimare l’ambiente di cui si sta impossessando. L’epicentro del processo è rappresentato dal faro in cui Saul – nome biblico, e anche questo non è un caso – ha trovato rifugio. VanderMeer, peraltro, è abbastanza abile da non chiarire se la dimestichezza del personaggio con i temi e le parole del sacro sia un aspetto accidentale e non piuttosto l’elemento catalizzante della mutazione.Resta il fatto che, una volta di più, un’ambiziosa invenzione narrativa nostra contemporanea si colloca nell’orizzonte di un’immaginazione teologica decisamente eterodossa, ma non per questo meno indispensabile per concepire e abitare un universo di finzione nel quale, però, la realtà si rispecchia. Capita nell’Area X come nei romanzi di Stephen King (che di VanderMeer è ammiratore dichiarato), capita nella galassia di Star Wars e nell’isola della serie tv Lost come nelle avventure del giovane mago Harry Potter. A proposito: il debutto cinematografico di Annientamento, primo film tratto dalla trilogia, è previsto per il 2017, con un cast del quale dovrebbe far parte anche Natalie Portman. Nel frattempo gli appassionati possono fare un salto sul sito della Southern Reach (join.thesouthernreach.com) e controllare se per caso si sta ancora cercando personale per scandagliare l’Area X.