Agorà

INEDITI. Churchill sul Lario come spia-turista

Roberto Festorazzi giovedì 9 settembre 2010
Note spese dettagliatissime, corrispondenza riservata con gli obbedienti e muti «angeli custodi» che l’Intelligence Service gli aveva messo al fianco per proteggerlo da sguardi e interrogativi indiscreti. Dalle carte dell’Archivio di Winston Churchill, conservato a Cambridge, in Inghilterra, emergono valide prove dell’atteggiamento circospetto tenuto dallo statista britannico durante il suo viaggio in Italia, avvenuto esattamente 65 anni fa, nel settembre del 1945. Un dossier inedito, che ci fornisce, per la prima volta, anche preziose informazioni sul tenore del rapporto che si instaurò tra il leader conservatore e i fidatissimi uomini della sua scorta. Fu una ben strana vacanza quella che Winston Churchill compì nella Penisola, per ristorarsi dopo aver vinto una guerra e perso le elezioni. Tanto per cominciare il tour fu pagato dalla Corona, ossia dal contribuente inglese. Cosa che non sarebbe mai accaduta se si fosse trattato di un viaggio privato. Ospite a Villa Donegani di Moltrasio, sul lago di Como, l’uomo col sigaro fece tutto fuorché riposarsi. È vero che ritrasse alcuni paesaggi ad acquerello, il suo hobby preferito, ma si trattava di una copertura della sua «missione di Stato»: quella di dare la caccia al suo compromettente epistolario con Benito Mussolini. Un carteggio esplosivo, iniziato negli anni Trenta e forse continuato anche negli anni della guerra, nel quale il Duce e Churchill trattavano segretamente forme ardite di collaborazione tra le proprie nazioni. Che sir Winston non fosse giunto sul Lario principalmente per dipingere acquerelli, lo dimostrano molte circostanze e testimonianze raccolte nel corso di questi ultimi decenni: una tra tutte, il fatto che l’ex premier britannico fosse piombato in Italia, a soli quattro mesi dalla fine del conflitto, sotto il falso nome di «colonnello Warden», e protetto da una guardia scelta di pretoriani che impedirono ogni contatto diretto dello statista conservatore con la popolazione e con i giornalisti, questi ultimi sviati in mille modi. Per tre settimane, Churchill, che era accompagnato dalla figlia Sarah e dal medico personale, Lord Moran, oltre che dall’imponente staff di sicurezza, si dedicò a visitare molti paesi rivieraschi, da Cernobbio a Menaggio, con una puntata verso il lago di Lugano e una visita a sorpresa nella residenza di Venegono dell’industriale Guido Donegani, proprietario di quella «Villa delle rose» nella quale si era installato sul lago di Como. Nella tarda mattinata di lunedì 3 settembre, un paio di giorni dopo essere giunto sul Lario, Churchill approdò in motoscafo a Menaggio. Una rara sequenza di scatti fotografici ci mostra il natante durante le fasi di attracco alla darsena privata di villa «Porto lieto e sereno». Winnie giunse nella località del Centro Lario per interrogare un personaggio, a proposito dell’eventualità che segmenti preziosi della ricercatissima documentazione, sottratta a Mussolini quando fu arrestato il 27 aprile 1945, potessero essere rimasti in loco: l’uomo che egli incontrò era il tenente colonnello Luigi Villani, comandante del Circolo della Guardia di Finanza di Menaggio. Villani sapeva molte cose, perché aveva capitanato la resistenza locale, e quasi certamente doveva conoscere anche la sorte delle carte del Duce. In ogni caso, l’ex premier inglese riuscì a mettere le mani sui documenti top secret, che bruciò la sera stessa nel caminetto di Villa Donegani. Il dossier di Cambridge ci svela illuminanti dettagli di quelle misteriose giornate. Ad esempio, apprendiamo per la prima volta l’identità di coloro che, per la vicinanza allo statista, avevano inevitabilmente scoperto il vero scopo di quel viaggio e dei frenetici spostamenti compiuti sul lago di Como. Qualche nome si coglie dalle note spese: il maggiore Ogier, il luogotenente Rogers, il brigadiere Edwards. Ancora: sia il sergente Arthur Bright, addetto alla mensa di Villa Donegani, sia l’autista di Churchill, Windmill, che guidava una vettura chiara scoperta, ricevettero, al loro ritorno a Londra, copie autografate dell’autobiografia giovanile dello statista. Non meno interessanti le tracce del successivo soggiorno che sir Winston compì a Villa Pirelli di Pieve Ligure, splendida residenza a picco sul mare situata circa venti chilometri a est di Genova. Anche questo non è un caso. L’industriale Alberto Pirelli, così come Donegani, era stato emissario del Duce nelle trattative segrete con l’Inghilterra, nel 1939-40. Il 28 settembre 1945, il colonnello Purves, che aveva intrattenuto Churchill durante la permanenza sul litorale ligure, inviò all’ex primo ministro una lettera con allegate due fotografie. Erano scatti ripresi a Villa Pirelli, dove Winnie aveva preso ispirazione per uno dei suoi acquerelli. Le ambientazioni gli erano rimaste talmente care da desiderare qualche immagine per i futuri abbozzi. Il 22 ottobre, rientrato a Londra dopo un’ultima tappa in Costa Azzurra, Churchill volle ringraziare personalmente Purves in questa missiva anch’essa inedita: «Caro colonnello, sono lietissimo di aver ricevuto le due fotografie prese alla Villa Pirelli. Molte grazie. Ho molto apprezzato le mie vacanze marine e, come lei sa, le sono molto grato della sua ospitalità. Purtroppo, al mio ritorno sono stato messo alle corde da un brutto raffreddore, ma ora sto meglio. La prego di accettare l’acclusa copia di The world crisis quale souvenir della mia visita a Genova». Il 16 gennaio 1946, da Bolzano, Purves così risponde all’ex premier: «Rimarrà sempre impresso nella mia memoria il ricordo delle ore in cui ho avuto il privilegio di accompagnarla». Le note spese, allegate al fascicolo, sono curiose, perché vi sono documentate anche le minuzie: come le somme di 250 e 450 lire fornite alla signora Oliver, una componente del seguito, rispettivamente per parrucchiere e rossetti. Altre 300 lire servirono per riparare gli occhiali della signora, o per acquistarne di nuovi, mentre Churchill ricevette mille lire in contanti per le sue piccole spese, esclusi pennelli, colori e cornici, per i quali sborsò oltre cinquemila lire in un negozio di via Brera, a Milano. Ogni cosa doveva essere giustificata, perché – come si è visto – il viaggio di Churchill era a spese dello Stato. Se fosse stata una normale vacanza, il governo non l’avrebbe certo pagata. Tanto è vero che il Tesoro reclamò la restituzione dei denari anticipati che Churchill aveva con sé, al suo rimpatrio: ventimila franchi francesi, l’equivalente di cento sterline dell’epoca.