Agorà

Musica. Chris Obehi, canto la mia Africa in Sicilia

Angela Calvini sabato 25 aprile 2020

Il cantautore nigeriano Chris Obehi, 21 anni, pubblicoa il suo primo disco in Italia

Obehi in lingua Esan vuol dire “mano dell’angelo”. E l’angelo custode ha fatto bene il suo lavoro con Chris Obehi, che cinque anni fa, appena 16enne, era sbarcato da solo a Lampedusa dopo una odissea durata 5 mesi: fuggito dalla Nigeria è stato in carcere in Libia, ha attraversato il Mediterraneo su un barcone e arrivato a Lampedusa e poi a Palermo. Ma non ha mai smesso di perseguire il suo sogno: diventare un musicista.

Oggi, appunto, il sogno si concretizza con l’uscita del suo primo album, Obehi, pubblicato il 20 marzo in digitale per 800A Records. Nove tracce in inglese, italiano, dialetto esan e siciliano tra brani originali e un omaggio a Rosa Balistreri, con quella Cu ti lu dissi gli è valsa la notorietà sui social. Da lì un percorso cantautorale in crescita che lo ha portato a vincere nel 2020 il premio Rosa Balistreri e Alberto Favara e la Targa Siae Giovane Autore a Musica contro le Mafie. «Mia mamma canta gospel e mio zio suona il pianoforte nella chiesa evangelica del mio paese in Nigeria dove anche io suonavo la batteria da autodidatta, poi il pianoforte e la chitarra – ci racconta Chris oggi 21enne – Mio nonno è stato un grande chitarrista e il mio sogno era quello di diventare un grande musicista che viaggia in tutto il mondo. In Nigeria suonavo in una band, prima musica afro beat, poi musica pop americana. In Italia ho scoperto Ligabue».

Quando Chris è arrivato nella comunità per minori “La Zattera” a Palermo, ha deciso di riprendere la propria passione per la musica. «Quella comunità è un posto bellissimo – ci racconta – Un professore mi ha regalato un pianoforte, ho cominciato a suonare dentro la stanza, poi mi hanno spinto a frequentare il Conservatorio dove ho cominciato a studiare il contrabbasso». Scopre Rosa Balistreri grazie a un un amico musicista che una sera gli fece sentire Cu ti lu dissi. Quando Chris comincia a suonare e cantare le canzoni di Rosa Balistreri in pubblico, la gente resta stupita da questo ragazzo africano così innamorato della musica siciliana e lo supporta nella campagna di crowdfunding per realizzare l’album.

Pop, folk, afrobeat, reggae si intrecciano in Obehi, con l’unico episodio in italiano, Non siamo pesci, nel quale Obehi racconta la propria traversata nel Mediterraneo. «E’ il mio inno per la difesa dei diritti umani, il mio modo di ricordare a chi ascolta di restare umani, di vivere liberamente nel rispetto degli altri e di abbattere confini di qualsiasi genere tra le persone – spiega –. Questa canzone é nata da un’esperienza che ho vissuto in prima persona durante il mio viaggio verso l’Europa. Sul gommone eravano in 105, bambini in maggioranza, due giorni in mare terribili. C’era un bambino che stava morendo di freddo e l’ho tenuto stretto a me finché una nave ci ha salvati. Un miracolo». Negli occhi di Chris immagini che non vuole più ricordare. «Questo viaggio non me l’aspettavo così brutto – ci racconta –. Sono stato in una prigione libica dove ho visto persone che erano li da cinque anni, fra torture e violenze». Il disco apre con Mama Africa, una canzone che parla della terra di Obehi, della colonizzazione subita e delle migrazioni: «Il messaggio che voglio trasmettere è la libertà di movimento di ogni essere umano», racconta Chris che nell’afro beat Mr Oga tratta il tema degli abusi di potere. Il testo é in pidgin, una lingua che unisce africani di diverse nazioni. Walaho è il racconto del legame tra madre e figlio: «Ho scritto questa canzone in Esan per mia madre, raccontando di come una mamma sia un esempio e abbia il compito di indicare al proprio figlio la strada giusta da seguire». Voice of the wind parla di chi é obbligato a stare lontano dalla propria casa, non per sua volontà. Infine il brano “portafortuna” di Chris Obehi, Cu ti lu dissi di Rosa Balistrieri: «Interpretarla é il mio modo di ringraziare questa terra che mi ha accolto come un figlio».

E anche se la tournée è slittata, il ragazzo è ottimista: «Dio è il mio tutor. Io credo, ho fede, io ho visto le cose che Lui ha fatto per me. In questi giorni di Coronavirus, io prego sempre. In questo momento cristiani, musulmani, ebrei, tutti quanti dobbiamo stare insieme. E’ questo che Dio vuole, e questo Coronavurus finirà presto».