Agorà

Narrativa italiana/ 1. Cavina in mare aperto lungo la rotta dei delfini

FULVIO PANZERI venerdì 6 maggio 2016
Molti narratori italiani, negli ultimi mesi, hanno adottato il linguaggio della favola. Si vedano, a proposito, i recenti libri di Guido Conti e di Paola Mastrocola, cui ora si aggiunge quello di Cristiano Cavina, narratore di razza, autore che ha sempre messo al centro dei suoi libri il tema dell’infanzia, della paternità, della figliolanza, in una variazione continua di quel suo mondo tra l’Appennino e la Romagna. Ora però, per la prima volta, lascia da parte l’attaccamento alla sua terra, per raccontare una storia emblematica che, dal piccolo orizzonte di un paese cui ci aveva abituati, ci porta dentro una vastità sconosciuta e immaginifica come quella delle profondità marine, in un viaggio che predilige lo spazio aperto della vastità, la sfida alle proprie tristezze, la scoperta del valore dell’amicizia come possibilità di ampliare la propria esperienza, nella condivisione con l’altro. E anche in questo caso il nostro scrittore non scrive semplicemente un libro per ragazzi, ma una storia che può aiutare un lettore, piccolo o adulto, a scoprire la forza dei sentimenti, dalla paura alla solidarietà, dalla scoperta del nuovo al valore dell’idea della bellezza, un po’ come aveva fatto anche un grande del calibro di Silvio D’Arzo, quando accanto al suo capolavoro, Casa d’altri, aveva anche scritto un libro definito per ragazzi, ma che in realtà riportava al suo amore verso la letteratura inglese, Penny Wirton e sua madre. Protagonista del libro di Cavina è un delfino, Pinna morsicata, «che aveva abbandonato la rotta di casa e si lasciava trasportare dalla corrente». E a dare un’indicazione precisa su quanto questa favola si muova in un senso chiaramente metaforico che sceglie il destino di un delfino, per ricordare all’uomo di oggi quanto sia importante scoprire la propria interiorità, in un attraversamento speciale (che non è solo quel grande e immenso mare che fa da scenario al racconto). Del resto scrive Cavina: «Come gli umani che popolano le Terreferme, anche i delfini sono creature complicate, fatte di tante cose speciali: a volte basta che ne perdano una, una soltanto, e finiscono per perderle tutte quante. Pinna Morsicata aveva perso la gioia, e quando un delfino perde la gioia, perde tutto». Quello che qui ritroviamo non è lo stereotipo da parco acquatico, ma il vero delfino, che sta nel mare, ne affronta i pericoli, come quando, all’inizio, il protagonista si imbatte in uno squalo, che riesce solo a morsicare una pinna. C’è un incontro fondamentale, quello con Spigolo, un pesce buffo che sembra una valigia, ha un accento straniero e riesce a capire anche il linguaggio dei delfini. Ai lunghi silenzi di Pinna si aggiunge la frenesia di un tipo allegro, pieno di domande e di curiosità e l’amicizia si fa sempre più forte e non sarà certo un litigio a farli separare per sempre, anzi ognuno rivela all’altro un proprio segreto. Però un’ombra oscura s’affaccia nel fondale, quella di uno squalo. Ormai però non si è più soli: «Anche le parole non dette hanno un peso. Perfino maggiore di quello dell’acqua. Se non dici mai niente, finisce che ti ritrovi con troppi cieli addosso». © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristiano Cavina PINNA MORSICATA Marcos y Marcos Pagine 172. Euro 15,00 “Pinna Morsicata” è una favola ricca di spunti e riflessioni, una metafora sulla solitudine, sull’amicizia e sulla possibilità di riemergere