Agorà

Musica. De Angelis: canto in difesa delle donne

Andrea Pedrinelli giovedì 11 settembre 2014
«Un cantautore di quelli puri». Così veniva definito Edoardo De Angelis, romano, dal celebre Folk Studio ad oggi autore di 18 album, sul retro del suo Lp Anche meglio di Garibaldi. Sono passati oltre trent’anni, da quel disco, e la definizione è ancora valida: testi profondi e delicatamente poetici, melodie morbide e colte, ovviamente la purezza. Che gli fa elegantemente mettere in fila persino i propri limiti ed errori, anziché le consuete lamentele contro major e tv, quando gli chiediamo perché il suo nome resti meno noto di quello dei tanti colleghi coi quali ha iniziato, da Minghi a Venditti. Per non parlare di De Andrè, Endrigo e De Gregori: con cui ha lavorato: «È che forse erano semplicemente più bravi, o almeno più capaci di comunicare di me», si schermisce pure. Però la purezza – che fa rima con educazione – è al centro anche del nuovo progetto di De Angelis, firmato con i musicisti Primiano Di Biase e Marco Testoni, un album a tratti commovente intitolato Non ammazzate Anna (prodotto Helikonia, distribuito da Egea e Digitale Believe Digital): che vuole essere un omaggio alle donne e un canto contro la violenza nei loro confronti. E che mette in fila un inno al femminile datato ’78 (il brano del titolo), una denuncia di stupro di gruppo (Io credo io penso io spero, con Antonella Ruggiero), teneri omaggi a mogli e figlie, dolcissime poesie d’amore rispettoso (Stella stella mia, Novalis, Terraferma), segnalazione che si può ripartire dai valori. «Dalla coppia in poi», sottolinea l’artista. Eppure Non ammazzate Anna nasce dalla risposta, appunto, pura e garbata all’utilizzo improprio di uno dei capolavori di De Angelis, Lella, ovvero «…E te lo vojo dì che so’ stato io…», sì confessione di una violenza ma senza riferimenti reali, volutamente ambientata fra Pasolini e Gadda. «È successo questo. Già da qualche tempo ero in imbarazzo a cantarla, e la sostituivo proprio con Non ammazzate Anna, una dedica alla donna. Poi a dicembre ho visto in tv che l’Orchestraccia l’aveva usata per un video istituzionale contro il femminicidio. Il video è grazioso, ma Lella non è adatta… Da lì l’idea di un lavoro mio, in risposta civile al can can che la mia disapprovazione ha comportato. Mio malgrado». Nasce così, questo album definito «offerta di un fiore, pensiero d’aria di pianoforte e suono di parole», con 13 pezzi e ospiti che vanno da Amedeo Minghi a Neri Marcoré. «Che non vi sia strumentalizzazione è dato da due fatti: intanto il disco è minimalista, solo di contenuti, per esprimere solidarietà a un universo che apprezzo più del mio. E poi sono brani del passato. Gli unici nuovi sono quello già interpretato dalla Ruggiero per la colonna sonora di BlackOut, film sulla violenza del branco, e Io sono l’amore di Franco Simone, per sottolineare un valore universale anche quand’è offeso, fatto di forza, fantasia, rispetto, compassione». Già: perché anche nelle denunce De Angelis non abbandona la pietas, grande forza dell’uomo. «La stessa protagonista del brano che canta Antonella non si chiude dopo lo stupro, ma si apre alla speranza per un’educazione migliore: più vicina alla dignità umana». Sul finale il disco mescola denunce di degrado (Il mondo sta bruciando) e aneliti di riscatto (Innamorato del vento): «E pensi che il primo brano è degli anni Ottanta. Oggi tagliano le teste, ci sono i droni, il mondo brucia ancora anche se in modo diverso. Però possiamo ripartire. Dal vento che spazza le nuvole». E De Angelis ci crede così tanto che la sua musica la porta anche nelle scuole. «Questo disco sarà un concerto di parole e canzoni. Ma anni fa, a spese mie, portai la canzone d’autore nei licei. Ero stufo di sentirmi dire che andavano promossi solo certi dischi perché la gente voleva quelli. No! I ragazzi non preferivano gli autori di scarso contenuto. È che bisogna farglieli conoscere, gli altri. Anche se il fermento degli anni Settanta oggi è stagnazione, gente come Samuele Bersani o Nicolò Fabi dimostra che i talenti ci sono. E poi bisogna osare. Un cantautore, come tutti quelli che comunicano, ha delle responsabilità verso i giovani: dell’esempio che dà, di quello che dice. Sa, in fondo è l’unico modo con cui io ho sempre inteso dare un senso al mio piccolo fare canzoni».