Agorà

IL PERSONAGGIO. Cannavaro: «Io, più forte dei loro fischi»

Angelo Marchi martedì 21 luglio 2009
Un uomo un sorriso, Fabio Cannavaro. È tornato alla Juve do­po averla sedotta con due scudetti sul campo dei quali non vi è più traccia, se non nella memoria dei tifosi bianconeri, i quali però non gli hanno ancora perdonato l’abbandono nei giorni in­fausti di Calciopoli, quelli della storica retrocessione in serie B. Per questo ogni gior­no ci sono gruppi più o me­no organizzati di supporters della Juve che salgono a Pin­zolo e riservano ciò che quel­li del Galaxy hanno appena offerto a Beckham: “fischi e cori contro il traditore”. Una situazione che comincia a spegnere leggermente il sor­riso perenne di don Fabio. «Spero di poter sbloccare questa situazione con il dia­logo, come si è sempre fatto. A un giocatore non fa mai piacere d’essere preso di mi­ra e comunque capisco l’a­marezza di un gruppo di tifo­si per quello che c’è stato in passato e non mi riferisco so­lo al mio passaggio di tre an­ni fa al Real Madrid, quanto a qualche dichiarazione fat­ta a febbraio. Comunque non era nella mia volontà di man- care di rispetto a qualcu­no... ». Cannavaro fa mea cul­pa e ricorda i giorni della fu­ga a Madrid. «Il primo a cui è dispiaciuto di lasciare Torino ero io e la mia famiglia. Alla Juve stavo bene e ci sarei ri­masto se non fossero suc­cesse certe cose. Ma dopo la partita della Nazionale a Ba­ri, con l’Irlanda, Alessio Secco venne a casa mia e mi bastò quel gesto per farmi dire subito sì, torno. Con lui non ho parlato di cifre, per queste si sarebbe arran­giato il mio pro­curatore. Io ero già felice co­sì ». La Juve non è stata insomma una soluzione di ripiego, vi­sto che voci di mercato par­lavano di Napoli e Bayern Monaco. «Con il Napoli non ho mai avuto alcun contatto. Ha parlato solo De Lauren­tiis (che bocciava l’ipotesi di prendere un difensore 36en­ne). Nè tanto meno il Bayern. La mia intenzione era quella di tornare nella società più importante d’Italia, stop». Un ritorno che comunque dai più è stato apprezzato. «In giro di juventini ne ho vi­sti tanti durante l’estate e for­tunatamente tutti mi hanno dimostrato il loro affetto e il loro entusiasmo. Con Blanc e la società ci siamo rivisti con la massima sincerità e chia­rezza e l’accordo è stato faci­le. Ma ora guardiamo avanti perchè la Juve è una realtà che deve pensare al futuro. Anche se è strano che io ar­rivo qui a 36 anni, ma penso di poter dare ancora tanto perchè vengo da un campio­nato difficile, come quello della Liga, nella quale ho pur sempre giocato quaranta­cinque partite. Chi pensa che non sia più quello visto ai Mondiali del 2006 si sbaglia di grosso. Io mi sento ancora in buona condizione e pen­so di poter dare ancora tan­to alla Juve. Al Mondiale non beccai neanche un cartelli­no giallo, ecco, se adesso mi dovessero ammonire mi a­spetto che subito penseran­no: “Non è più quello del 2006”. E invece io non mi sento diverso da allora. Ho persino lo stesso taglio di ca­pelli...». Un uomo, un sorriso, per il momento sforbicia le polemiche così.