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Opera. . Cagliari riscopre Respighi e la sua vocazione alla ricerca

GIUSEPPE PENNISI domenica 3 aprile 2016
CAGLIARI Ultima in ordine di tempo, ma tra le prime in ordine di interesse musicale, la stagione 2016 del Teatro Lirico di Cagliari è stata inaugurata venerdì scorso con una preziosa rarità musicale di Ottorino Respighi: La campana sommersa, su libretto di Claudio Guastalla dal poema drammatico di Gerhart Hauptmann. A una lettura superficiale La campana sommersa può sembrare un’espressione tardiva (la prima esecuzione ebbe luogo nel 1927, ma questa è la prima in Italia in forma scenica) del simbolismo che permeava letteratura e scene tra fine Ottocento e inizio Novecento. A un’analisi più profonda, soprattut- to tenendo conto della complessa partitura, è una parabola del conflitto tra il paganesimo e il cristianesimo (tema fondante del teatro in musica tedesco: si pensi a Wagner). In una realtà rurale un fonditore di campane, Enrico, perde la sua opera più pregiata (la campana per la nuova chiesa) perché viene gettata in fondo a un lago dai fauni dei boschi. La fata Rautendelein restituisce magicamente a Enrico (depresso per la perdita) la voglia di lavorare. Innamorati, i due fuggono insieme, dopo che lui abbandona la moglie Magda, la quale si suicida per disperazione nel lago. I rintocchi della campana sommersa annunciano il lutto e convincono Enrico a lasciare la fata che, rinnegata, sposa il semidio Ondino mentre Enrico muore. Il mondo pagano (il semidio Ondino, il Fauno, la Strega, gli Elfi) si contrappone a quello cristiano (il Parroco, Magda, i figli di Enrico, il Maestro, il Barbiere) soprattutto musicalmente: nel primo domina la scala pentatonica, nel secondo gli stilemi dell’opera italiana dell’epoca (con echi anche pucciniani e parti impervie per i solisti). Il mondo fiabesco porta Respighi a creare una partitura riccamente orchestrata. Negli anni Trenta e Quaranta, l’opera ebbe grande successo specialmente in Germania e nelle Americhe oltre che alla Scala, a Roma e a Bologna. Sparita dai repertori (anche a ragione delle difficoltà vocali e orchestrali), trionfò nel 2003 al Festival Internazionale di Radio France a Montpellier (c’è un’ottima registrazione ancora in commercio). La regia di Pier Francesco Maestrini, le scene e proiezioni di Juan Guillermo Nova, i costumi di Marco Nateri sono tradizionali ma colgono bene lo spirito del lavoro, sono in linea con la partitura e hanno echi della pittura preraffaellita. Donato Renzetti guida con grande perizia l’orchestra, il coro del Lirico di Cagliari e il coro di voci bianche del Conservatorio “Giovanni Pierluigi da Palestrina”. Renzetti non solo tiene molto bene gli equilibri tra l’immensa orchestra in buca e le voci in palcoscenico ma rende con efficacia le tinte dei due “mondi” (il pagano e il cristiano) giustapposti. Nella numerosa squadra dei solisti (quindici), tutti di buon livello, spiccano la romena Valentina Farcas in un difficile ruolo in cui deve ascendere da declamato a coloratura, il messinese Angelo Villari tenore generoso nel ruolo del protagonista e il tedesco Thomas Gazheli un Ondino pieno di sfumature. Il Teatro Lirico di Cagliari, inaugurato nel 1993, ha ridato vita a un quartiere allora in degrado dove ora sorgono una bella chiesa, uno dei primi alberghi della Sardegna e un parco – segno che la cultura e le arti sceniche promuovono la crescita. Per alcuni anni, grazie a stagioni coraggiose con “prime” di opere rare, il Lirico è stato il fulcro dello sviluppo della città. Ha fatto seguito una fase di declino. Con una nuova squadra manageriale e artistica, e un cartellone accattivante, inizia quella che dovrebbe essere la fase della rinascita. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il Lirico ha aperto la sua stagione con “La campana sommersa”, titolo raro e impegnativo datato 1927 La scelta sembra inaugurare una nuova fase per il teatro, più vicina allo spirito delle origini