Agorà

In scena. “Cachemire”, il podcast a teatro è meno morbido

Michele Sciancalepore sabato 25 settembre 2021

Edoardo Ferrario e Luca Ravenna, protagonisti dello spettacolo “Cachemire”

Edoardo Ferrario e Luca Ravenna duettano, si accavallano, si interrogano, si sfidano o si fanno degli assist. Sembra un’amabile, pimpante, frizzante, spesso esilarante e cameratesca chiacchierata tra due amici al tavolino di un bar. In realtà questa loro effervescente e apparente colloquialità ha creato un fenomeno online straordinario: un podcast tra i più ascoltati su Spotify e centinaia di migliaia di visualizzazioni per puntata su Youtube. Qualcuno li ha definiti un Pio e Amedeo, il duo comico foggiano, più acculturato, ma impropriamente perché sfuggono a qualsiasi catalogazione. Ricordano l’affiatamento ritmico di Cochi e Renato, la simpatica dialettica di Lillo&Greg, la briosa vitalità di Stanlio e Ollio, ma hanno peculiarità inconfondibili: una verve irrefrenabile e spontanea che coinvolge platee virtuali e reali, una vivace curiosità che spazia a 360 gradi, un linguaggio universale e transgenerazionale, una leggerezza che non è sinonimo di superficialità e che spesso crea un ossimoro con la profondità. Certo non sono ancora una coppia storica, ma per i più giovani è già mitica.

Le generazioni Z, Y, “next” fino ai “millennial” li hanno infatti seguiti costantemente ovunque, dal digitale al reale, dalle cuffie sui divani ai palchi di tutta Italia in presenza. L’evento in questione si intitola Cachemire. In principio era un appuntamento da ascoltare e/o vedere registrato ogni venerdì dallo scorso ottobre in tempi di restrizioni e chiusure delle sale teatrali e quindi «nato per la disperazione di non potersi più esibire dal vivo», come gli stessi due giovani comici hanno esplicitato. Poi con la riapertura è diventato un Summer Tour e ha registrato il sold out da nord a sud dello stivale. Tutto esaurito infatti anche alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica a Roma sia martedì scorso che ieri sera.

Una cavalcata comica di 90 minuti in cui, dopo un avvio in stile rimpatriata fra amiconi fitto di inside jokes e riferimenti a uso e consumo dei fedelissimi del podcast, in modo rapsodico o per associazione si lambiscono le più disparate tematiche politiche, sociali e comportamentali ma senza maschere, né quarta parete, tantomeno trucchi, costumi, orpelli scenografici, contributi musicali, sussidi audiovisivi, insomma nessun artifizio spettacolare; il comedian è solo, con una parete di mattoncini alle spalle e davanti a sé un’asta e un microfono: è la stand-up comedy. Oltreoceano e oltremanica, nella cultura anglosas- sone, ha una tradizione secolare con nomi che sono stelle nel firmamento della “comicità in piedi”, da Woody Allen a Louis C.K, da George Carlin a Jerry Seinfeld. Da noi, in seguito anche all’avvento di Youtube, è stata importata una decina d’anni fa e Ferrario e Ravenna sono indubbiamente tra i volti più apprezzati e riconosciuti della stand-up comedy italiana.

Oltre all’acume, l’originalità e la freschezza con cui il duo rappresenta la quotidianità, dalle questioni più sensibili e delicate a quelle più frivole e leggiadre, oltre alla capacità di coniugare irriverenza e raffinatezza, satira corrosiva e morbida ironia, oltre all’empatia che le loro facce da bravi ragazzi suscitano, oltre a tutto ciò c’è un’altra ragione alla base del successo di Cachemire secondo la prolifica e applaudita ditta Ferrario-Ravenna: «Ci sono almeno due motivazioni: da una parte questo spettacolo è un brainstorming, una condivisione di un processo creativo vero e proprio, in pratica rendiamo partecipe la platea di tutto quello che ci passa per la mente quando ci accingiamo a scrivere un pezzo di stand-up comedy. Dall’altra il fatto che parliamo per divertire il pubblico. Questa è la nostra priorità: non dare mai nulla per scontato e non essere autoreferenziali».

Da aggiungere che un terzo aspetto da non sottovalutare è nell’abilità di Ferrario e Ravenna di trarre ispirazione dal luogo in cui si esibiscono e in un paese campanilista come il nostro le paradossali rivalità forniscono sempre abbondanti spunti di comicità. La serata romana all’Auditorium è stata però non solo local: con invidiabile scioltezza, reattiva improvvisazione, fervida fantasia e perfetti tempi comici la coppia ha indirizzato stilettate senza badar troppo alla geolocalizzazione: a Fedez, a CasaPound, al primo cittadino milanese Beppe Sala in veste di “piacione”, alla sindaca Raggi che ha regalato ai romani “Tiberis”, il lido sul Tevere, «perché si riappropriassero della leptospirosi», ai NoVax che la sera vanno al “Covidiere”, un locale “dropletteria”, all’ormai iconico tabaccaio napoletano fuggito col biglietto della lotteria dell’anziana cliente, solo per citare alcune delle vittime dei loro strali.

Tutti argomenti, situazioni e vicende vere o surreali, realistiche o iperboliche, comunque sempre ispirate da un vissuto privato. Essere se stessi è d’altronde la linea guida dell’ars comica di Ferrario e Ravenna e la sola direttiva che sentono di poter indicare a chi vuole cimentarsi nell’esibizione senza rete che è la stand-up comedy: «Andate al primo Open Micche trovate – spiega Luca – in uno di quei comedy club dove ci si può esibire sul palco anche da debuttanti assoluti, iscrivetevi e mettetevi alla prova con un pezzo di 5 minuti che avete scritto. L’unica vera regola è “scrivi come parli”».

«Devi parlare un linguaggio che ti pertiene – incalza Edoardo – soprattutto parlare di cose che conosci, che hai vissuto; io dico sempre: non inventatevi esperienze a voi estranee perché la comicità non è fantascienza. Se vuoi far ridere devi raccontare la tua realtà». Il rischio sempre in agguato però per lo stand-up comedian oggi è soprattutto riuscire a sferzare scherzando facendo slalom fra l’iper-suscettibilità odierna e l’ossessione del “politically correct”. Ma anche su questo il binomio Ferrario-Ravenna ha le idee molto chiare: «Non si può dire qualunque cosa ma nemmeno bisogna autocensurarsi – afferma Edoardo – perché se un comico ha la coscienza pulita e fa una battuta senza alcuna intenzione discriminatoria e qualcuno si offende allora il problema è nella testa di chi si offende». «Il vero pericolo oggi – aggiunge Luca – è l’indebolimento dello spirito critico. I comici, fin dai tempi della Commedia dell’Arte, rappresentavano un personaggio volgare, razzista o maschilista per denunciare deviazioni e alienazioni. Censurare questo salutare processo speculare significa negare la valenza catartica della comicità». Doveroso allora augurare lunga vita alla benefica stand-up comedy made in Italy».