Agorà

Resa dei Conti . Blob e bulimia, una maratona della non scelta

Massimiliano Castellani giovedì 9 febbraio 2017

Tutti guardano – più che cantano – Sanremo. Carlo e Maria santi subito! MammaRai ci pensi bene prima di prendersi qualche estraneo in casa, questo non è più il festival della canzone italiana ma la kermesse del meglio e del peggio del blob mediatico (tv famigliare, del dolore, scampoli di varietà, trash à gogo). Raiplay sul palco dell’Ariston non è un format, è un dogma. Ogni personaggio pur di strappare il consenso popolare porta la materia a piacere. E così, tra una risata, una lacrima, una carezza in un pugno allo stomaco (vedi il momento degli angeli dei soccorsi di Rigopiano e il magnifico cane Corto) e uno sbadiglio, questo Festival va. Ma non vola via leggero, dura quanto la maratona di New York. E ci vuole un fisico bestiale per arrivare alla fine.

CROZZA RIDE, ALLE SUE BATTUTE Sappiamo di essere impopolari e di metterci contro molti dei 15 milioni di italiani che, pare, abbiano seguito la comicità al pesto duro e vado tranquillo di Maurizio Crozza, ma a noi il ricicciaggio della sua copertina sanremese non ha fatto ridere. Ride solo lui – ed è sintomo di insicurezza farlo alle proprie battute – ormai alle sparate da repertorio vintage sui politici (Renzi, Salvini, Padoan, Gentiloni e la Raggi nella top five sanremese). Conti ci ricorda che ci troviamo difronte a un «fuoriclasse», sì ma dei brevilinei: Crozza funziona nei dieci minuti di copertina in diretta (quella sanremese qualcuno ha sospettato fosse anche registrata) e grazie a una squadra di autori che meriterebbero un riconoscimento speciale per l’abnegazione che chiameremo “premio Salvatore Nicotra” in onore di un italiano vero, l’impiegato che da quarant’anni non salta un giorno di lavoro. Il genovese Crozza ricorda che non è Maria, «per il mio lavoro voglio essere pagato», però non accetta più il confronto diretto con Sanremo dove viene presentato come il più grande mattatore sul mercato. Titolo che forse meriterebbero di più Checco Zalone e Fiorello. Due che a Sanremo non ci vanno, e non perché lo considerano un palco letale, ma perché a differenza di Crozza non soffrono di bulimia da piccolo schermo.

DOPOFESTIVAL PER MARZULLIANI CRONICI Al trionfo del cavallo di Troia di Sanremo 2017 partecipa anche il Dopofestival. Più 54%, oltre 2 milioni di telespettatori all’alba per Nicola Savino e la Gialappa’s che conquistano anche i sonnambuli cronici della mezzanotte marzulliana. Un peccato andare in onda così tardi, perché nel salotto pop almeno a notte fonda si parla finalmente di canzoni. E ci sta bene anche il trashologo Roberto D’Agostino nell’imitazione perfetta che ne fa Ubaldo Pantani. Meno memorabile il suo Bob Dylan all’Ariston, ma Pantani è stato penalizzato anche dall’orario. Il comico trasformista toscano non è inferiore a Crozza, ma pur essendo della stessa scuderia, il team di Beppe Caschetto, corre con una moto che ha qualche decina di autori in meno. La differenza è tutta là, e nella possibilità di esibirsi in orari umani e civili, anche per Marzullo.

IL FORFAIT DI BAUDO, MALORE O MALUMORE? Chi conosce Pippo Baudo sa che è una macchina da guerra che non si ferma mai davanti a nessun ostacolo, figurarsi una bronchite. Poniamo che gli 80 anni cominci a sentirli anche SuperPippo, ma la notizia della sua assenza al Festival – tempestivamente comunicata dalla Rai in un summit d’urgenza con la stampa – fa sorgere il sospetto – quanto la copertina in diretta di Crozza –: è un malore o il malumore per il record dei record del Festival di Conti-De Filippi. Carlo III fa il pompiere: «Ho un contratto con la Rai fino al 2019 e chissà in quante altre trasmissioni ci ritroveremo con Pippo...». Conti ha messo gli occhi anche su Domenica In?