Agorà

INTERVISTA. Blair: rilanciare il principio-speranza

Lorenzo Fazzini sabato 5 maggio 2012
​Più "fede" nel mondo («dai credenti arriva il 50% dell’assistenza sanitaria in Africa»). Meno secolarismo stringente («no ai laici presuntuosi sull’inutilità del credere»). E tener netta distinzione tra laicismo e ateismo. Tony Blair, ex primo ministro inglese, impegnato dal 2007 - anno del suo addio alla politica e della sua conversione al cattolicesimo - in una Fondazione per il dialogo interreligioso, conosce da vicino il New Atheism. Tanto da essersi confrontato con Christopher Hitchens, defunto nel 2011, in un dibattito pubblico a Toronto. Dibattito ora consultabile nel recente Processo a Dio (Piemme). In quella conferenza lei, per «ribattere all’affermazione che la religione è veleno puro», ricordava che «il 25% delle cure per l’Aids al mondo è fornito da fondazioni cattoliche». Solo la fede fa il bene e porta speranza?«La speranza è un prodotto della fede e sarebbe difficile immaginare cosa potrebbe significare il credere se gli venisse meno la sua componente di speranza. Del resto molte persone hanno sperato in un futuro migliore o addirittura utopico in quanto atei. Sappiamo che i peggiori esempi di questa utopia si sono verificati nel XX secolo, ma esistono anche molti ottimi esempi di tale speranza. Credenti e non credenti hanno bisogno di dialogare e ascoltarsi reciprocamente riguardo al senso della loro vita come precondizione per lavorare insieme in maniera convincente. Tra loro ci deve essere rispetto e comprensione, e non la presunzione che le voci religiose non abbiano niente da dire di valido ad una prospettiva laica del mondo. Non dovrebbe esistere la nozione di uno spazio secolare delimitato che esclude chiunque non abbia una visione solamente laica del mondo. Dobbiamo mettere fine al divorzio tra immaginazione e ragione, cioè a quella diminuzione creata dal ridurre la ragione ad una ristretta visione della scienza».«Nel 2007 le organizzazioni religiose negli Stati Uniti hanno donato una volta e mezza l’importo degli aiuti del governo». Parole sue. Quali gesti di bene la stanno più impressionando tramite la sua Faith Foundation?«Mi reco spesso in Sierra Leone a ho visto musulmani e cristiani lavorare insieme lì per ridurre il drammatico numero delle morti per malaria. La Fondazione sta lavorando con il Consiglio interreligioso di quel Paese così come con altri leader religiosi e il ministero della Salute per educare le famiglie su come proteggere i loro figli dalla malaria. Sul posto abbiamo un giovane team di quattro giovai guidati da un medico ugandese: portano avanti un programma nazionale che presto avrà raggiunto 100 mila persone. Per me questo è un segno di come le due religioni più grandi al mondo lavorano insieme e salvano vite». In Occidente, quale dovrebbe essere la prima risposta alla crisi economico-finanziaria?«Dobbiamo tornare completamente all’onestà, all’integrità e alla disciplina di comportamento nella vita economica. È un illusione pensare che possiamo regolare e fare leggi per rendere le persone buone e più disponibili a lavorare per il bene comune rispetto che al loro mero interesse privato. Le leggi creano un quadro di insieme ma l’ingegnosità umana li travalica. La virtù umana è il miglior alleato nel mostrare che tali regole funzionano. Credo che i gruppi religiosi siano impagabili scuole di virtù e che possono essere parte della soluzione nel XXI secolo».Crisi economica e religione: l’assenza di riferimenti spirituali nella nuova Europa è in qualche modo connessa a tale situazione di recessione che stiamo vivendo?«L’assenza di un’esplicita menzione di Dio nel trattato europeo riflette la variegata tipologia degli Stati membri dell’Ue. Alcuni di essi hanno mantenuto l’eredità di una lunga tradizione religiosa, altri se ne sono allontanati tramutandola in un secolarismo post-illuminista. La cosa importante è distinguere il termine "ateo" da "laico". Ci sono buone ragioni per voler uno Stato laico senza che ciò implichi il rigetto della religione. Uno Stato dovrebbe dare alle minoranze religiose gli stessi diritti delle maggioranze. Non posso descrivere il processo avvenuto in India nel 1947 come una "laicizzazione atea". I vescovi cattolici vorrebbero Stati laici in Medio Oriente. Questa non è sinonimo di ciò che io chiamo "laicizzazione atea"». Charles Péguy affermava che «la virtù preferita da Dio è la speranza. Ma Dio è stato allontanato dalla cultura d’Europa». Come i cristiani possono tornare ad annunciare la speranza?«Negli anni ’70 era in voga una canzone di Joni Mitchell, di recente mi sono tornati alla mente alcune versi: "Io ho ancora innalzato la mia preghiera/ Chiedendomi su dove debba andare/ Con un cielo pieno di astronauti / E il Signore nel braccio della morte". Abbiamo ascoltato diverse volte l’annuncio della morte di Dio e la vecchia teoria sociologica che la modernità avrebbe messo fine alla fede. È stato provato che tale teoria era semplicemente sbagliata o per lo meno indimostrata. Péguy ha descritto l’Eucaristia come "il ricordo del futuro". La proclamazione della speranza cristiana nasce da qui e non sta finendo per colpa della crisi economica. Invece, può avere una considerevole risonanza».