Agorà

Classica. Giampaolo Bisanti, una bacchetta d'oro (Zecchino)

Giacomo Gambassi venerdì 24 gennaio 2020

Il direttore d'orchestra Giampaolo Bisanti al teatro Petruzzelli di Bari

Quando la sera di venerdì 24 gennaio si spegneranno le luci nella sala del teatro Petruzzelli a Bari e dalla buca dell’orchestra saliranno le prime note di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, sul podio ci sarà il figlio di un prete mancato. Che ha undici fra fratelli e sorelle, di cui uno affetto da autismo. Che, quando non ha la bacchetta in mano, balza sulla moto e diventa un “rider”. Che a quattro anni si è trovato davanti alle telecamere dello Zecchino d’oro per cantare Riccardo cuor di leopardo. «E ho commesso il mio primo errore della carriera: ho sbagliato un ingresso. Ma sono stato capace di rimettermi subito in carreggiata», confida Giampaolo Bisanti. Ne ha fatta di strada il “monello” che a Cino Tortorella raccontava di essere caduto da una panchina e di essere stato «cucito con tre punti sotto il mento». Oggi è un direttore d’orchestra globetrotter scritturato in tutto il mondo, che – per citare quanto prevede la sua agenda nei prossimi mesi – sarà impegnato a febbraio in sedici rappresentazioni suddivise fra tre teatri diversi della Germania e a giugno debutterà all’Opera House di Sydney in Australia con Aida.


Intanto apre la stagione del teatro lirico pugliese di cui è direttore stabile. «Con un titolo a cui sono particolarmente legato», ammette Bisanti. Perché, rivela, «Un ballo in maschera è sì una tragedia dai tratti crepuscolari, che è stata oggetto persino di censura all’epoca, ma è anche segnata dall’ironia. Basti pensare a quando il coro canta “Ma che baccano sul caso strano” trasformando la scena da cupa a grottesca. Anche questa dimensione ne fa un’opera straordinaria». Un melodramma dove l’impegno politico dell’illuminato governatore Riccardo si intreccia con gli impeti del cuore umano. «Definiamolo pure un capolavoro poliedrico – sottolinea il maestro – da gustare in ogni particolare, dove i personaggi sono descritti a tutto tondo». E la produzione di Bari, con il rodato allestimento firmato dal regista Massimo Gasparon, sarà «splendidissima, come sostiene Oscar nell’ultimo atto», assicura il direttore 47enne d’origine milanese. Con «un cast di pregio» e l’«inappuntabile orchestra». Che a Bisanti è cara. «L’ho plasmata in questi tre anni al Petruzzelli».

"Un ballo in maschera" in scena al teatro Petruzzelli di Bari - Petruzzelli

Perché il suo incarico a Bari comincia quando il teatro esce da una crisi che lo aveva portato sull’orlo del crac economico ed era stata marcata da duecento cause di lavoro. «Nel 2016 ho esordito in questa avventura grazie al sovrintendente Massimo Biscardi – spiega –. E mi sono trovato davanti una compagine giovane e totalmente nuova che avevo la responsabilità di modellare. È stata una delle sfide più stimolanti che abbia mai affrontato. La considero un po’ come una figlia, una mia creatura che sta dando soddisfazioni impareggiabili. Lo dimostra il fatto che adesso è in grado di cimentarsi in qualsiasi partitura, come ad esempio Tristano e Isotta di Wagner in cartellone fra aprile e maggio». Ufficialmente il mandato pugliese di Bisanti è scaduto. «Però, se mi venisse offerta la possibilità di rimanere al Petruzzelli, resterei molto volentieri».


Concluse le repliche del capolavoro verdiano (in scena fino al 1 febbraio) il maestro volerà in Germania. «È vero, mi sento un po’ un ambasciatore dell’opera italiana soprattutto nelle terre di lingua tedesca – afferma –. Ormai sono di casa al Semperoper di Dresda in cui a novembre porterò Guglielmo Tell di Rossini e dove nel 2017 ho eseguito Lucia di Lammermoor di Donizetti che mancava da settant’anni. E poi continuano gli impegni alla Staatsoper di Vienna, alla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera o alla Deutsche Oper di Berlino in cui a fine marzo condurrò Aida».

Il direttore d'orchestra Giampaolo Bisanti in sella alla sua moto - .

In Germania e Austria, però, il volto di Bisanti non è solo quello di un “meister” della lirica ma anche di un centauro. Frac nero e bacchetta nell’occhiello della giacca, il maestro ha conquistato le copertine delle riviste musicali mentre è in sella a una delle sue moto. «Solo Ducati – fa sapere –. Non esiste altra marca per me». Una passione sbocciata assieme a quella per la musica. «Avevo 7 o 8 anni e chiesi a mio papà di comprarmi una moto. Era una mini-Cimatti per i bambini. Poi è stata la volta della Garelli, quindi della Vespa 50». E la mente torna al padre. «Ha fatto sacrifici enormi per dare un avvenire a undici figli – osserva il direttore –. Era nato nella provincia di Taranto. È arrivato al Nord con la valigia di cartone e il suo enorme amore per la lirica». Ad Alba, in Piemonte, entra in Seminario. «Stava per essere ordinato sacerdote ma ha lasciato. Non ha mai raccontato le ragioni. Però era un ribelle. Ha fatto il correttore di bozze alla Garzanti». Quindi la scelta di mettere su famiglia a Milano. «Aveva una voce bellissima, alla Mario Del Monaco – ricorda il figlio artista –. In casa c’era un pianoforte verticale che suonava mettendo sul leggio gli spartiti Ricordi. È stato lui a volere in tutti i modi che il suo primogenito partecipasse allo Zecchino d’oro». Giampaolo, appunto.

Giampaolo Bisanti sul podio - .

«Il primo strumento che ho suonato è stato il clarinetto. E con le dispense acquistate in edicola ho imparato il pianoforte da solo». Poi l’audizione al Conservatorio. «La folgorazione per la direzione d’orchestra è arrivata a 13 anni quando papà mi ha regalato un biglietto per il loggione della Scala. Era in programma un concerto di Claudio Abbado con la Wiener Philharmoniker. Appena uscito, ho detto a me stesso: ecco quello che voglio fare». E com’è stato crescere in una famiglia numerosa? «Un’impresa – scherza il maestro –. Eravamo in tredici in cento metri quadrati. Avevamo pure i letti a castello. Però ho assaporato un immenso calore familiare. E mio padre ci ha trasmesso i valori cristiani della fede, del rispetto, dell’accoglienza che ci portiamo sempre con noi». Una pausa. «Sa che ancora oggi in tanti mi scrivono chiedendomi dello Zecchino d’oro? E mi domandano se ero io il bambino che nel 1976 cantava Riccardo cuor di leopardo. “Mio figlio lo ascolta sempre”, dicono. In effetti era un brano accattivante». Bisanti guarda al futuro. «Un sogno? Dirigere per la prima volta Don Carlo e Simon Boccanegra di Verdi. E poi prendere il brevetto di volo per poter pilotare un aereo... Ma adesso non ho proprio tempo».


«Un ballo in maschera» apre la stagione al teatro Petruzzelli di Bari


È Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi ad aprire venerdì 24 gennaio alle 20.30 la stagione lirica del teatro Petruzzelli di Bari. Sul podio il direttore stabile Giampaolo Bisanti (che nelle ultime due repliche del 31 gennaio e del 1° febbraio passa la bacchetta a Leonardo Sini). L’allestimento è firmato da Massimo Gasparon. Si alternano nel ruolo di Riccardo, Giorgio Berrugi e Giuseppe Gipali; in quello di Renato, Dalibor Jenis e Francesco Landolfi. Vestono i panni di Amelia Veronika Dzhioeva e Burçin Savigne. Sono Ulrica Elena Gabouri e Sanja Anastasia. Interpreteranno Oscar Damiana Mizzi e Paola Leoci.