Agorà

INCHIESTA. Biblioteche alla riscossa

Roberto Zanini giovedì 4 ottobre 2012
La notizia ha solo qualche giorno. A Cinisello Balsamo è stato inaugurato un modernissimo centro culturale. Nei fatti funziona come una biblioteca multimediale, però non si chiama biblioteca, ma "piazza dei saperi" o, più semplicemente "Il Pertini". Il perché è presto detto: secondo gli amministratori di Cinisello l’appellativo di biblioteca non fa marketing. Insomma, se il tuo prodotto lo chiami biblioteca il tuo investimento non è remunerativo. L’iniziativa di Cinisello rappresenta il massimo che si può chiedere a una biblioteca, con più di 100 mila titoli a disposizione per prestiti, auditorium, locali di ritrovo e palestra con attrezzature che consentono di leggere, ascoltare musica e ascoltare libri. Una strada già percorsa in altri Paesi, soprattutto, sottolinea Stefano Parise, presidente dell’Associazione italiana biblioteche e dirigente del settore biblioteche del Comune di Milano (foto sotto), «dalle economie più dinamiche del Pianeta che hanno compreso come la formazione delle competenze per produrre innovazione sia il fattore discriminante fra il successo e l’insuccesso. E investire in biblioteche è un passo essenziale su questa strada. Tutte le statistiche dimostrano che dove le biblioteche ci sono e funzionano, ci sono anche più lettori in termini assoluti». Il fatto che la struttura di Cinisello non si chiami biblioteca è in questo senso significativo nel sottolineare il fallimento di decenni di politiche culturali in Italia. Da qui l’idea di lanciare la prima Giornata nazionale delle biblioteche, che si terrà a Napoli il 13 ottobre, «per dire alla gente che se la cultura e le professioni culturali in questo Paese non sono adeguatamente riconosciute è l’intero sistema a patirne le conseguenze negative in termini di mancata innovazione. E noi vorremmo far nascere nelle persone l’orgoglio di avere e di frequentare una accogliente biblioteca vicino casa». «A Helsinki – prosegue Parise – dove si è tenuto l’ultimo congresso mondiale delle biblioteche, i frequentatori abituali di queste strutture superano il 50% della popolazione. In Italia l’Istat dice che sono l’11,7%, con percentuali del 28,8 in Trentino Alto Adige e del 6,2 in Campania». Ma se andiamo a guardare la percentuale nazionale di chi fa almeno un prestito bibliotecario l’anno si scende a poco più del 7%. Circa 5 milioni di persone che nelle biblioteche degli enti locali si traducono in 52 milioni di prestiti l’anno, cioè 0,87 per abitante. Fra i maggiori frequentatori di biblioteche ci sono il 13% di coloro che leggono più di 30 titoli l’anno, l’8,5 di chi legge più di 13 libri e il 3,8 di chi ne legge da uno a 3. Questo perché le biblioteche promuovono cultura e costituiscono una sorta di geografia della lettura. La loro semplice presenza sul territorio (come si evince dall’essenziale libro di Giovanni Solimine <+corsivo>L’Italia che legge<+tondo>, Laterza 2010) è significativa. La Puglia ha 676 biblioteche su 4 milioni di abitanti. L’Emilia Romagna con gli stessi abitanti ne ha 1396. Campania e Puglia messe insieme hanno più abitanti della Lombardia ma 1000 biblioteche in meno. Soprattutto hanno biblioteche meno efficienti (stiamo parlando delle biblioteche di lettura), con un patrimonio di libri inferiore e scarsamente rinnovato per carenza di finanziamenti. Il progetto di bilancio della Calabria (la legge attribuisce alle Regioni la gestione delle biblioteche) già nel 2010 non prevedeva finanziamenti per le biblioteche e quello della Campania prevedeva 650 mila euro per 200 musei e oltre 700 biblioteche. La metà delle biblioteche italiane comunali possiede meno di 5000 libri e gran parte di esse sono nel Mezzogiorno. Parliamo di biblioteche comunali perché sono le più vicine ai cittadini e registrano allo stesso tempo le realtà più disastrate e quelle più innovative. A quella di Cinisello, al top dell’innovazione, Parise affianca quelle di Meda, di Fano, di Rovereto, la Biblioteca internazionale per l’infanzia di Genova, numerose istituzioni di Lombardia ed Emilia Romagna, tutte caratterizzate dall’essere «luoghi di servizio per i cittadini e non semplici contenitori di libri. Luoghi dove si sperimentano anche soluzioni nuove, come il prestito degli apparecchi di lettura degli e-book o, come a Milano, dove si è sperimentata la "biblioteca vivente" in cui ci sono persone che si mettono a disposizione degli utenti per raccontare le loro storie». Più la biblioteca è capace di fornire servizi, più diventa luogo di socializzazione. E il servizio principale, sottolinea Parise, è il bibliotecario, la cui figura costituisce una sorta di discrimine fra le biblioteche che funzionano e le tante che totalizzano un massimo di 100 prestiti l’anno. «Servono professionisti specializzati, esperti di nuovi media, entusiasti e capaci di far navigare, attraverso la biblioteca, nel mondo della conoscenza. Per tanti piccoli comuni una sola professionalità di questo tipo consentirebbe di rilanciare la biblioteca e il locale indice di lettura». Una inversione di tendenza, che nella realtà italiana appare lontana dalle priorità delle amministrazioni e della politica, se si pensa che le due Biblioteche nazionali, a Roma e Firenze, hanno budget inferiori ai due milioni l’anno, mentre quella di Parigi ne ha 254, quella di Londra 160 e quella di Madrid 52. Riguardo al loro appeal basti pensare che a fronte dei 400 dipendenti complessivi fra Roma e Firenze, la Biblioteca nazionale di Madrid ne ha più di 1000, quella di Londra 2000 e quella di Parigi 2600.