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Il regista. Roan Johnson: "BarLume, si ride nel giallo all'italiana"

Angela Calvini domenica 8 gennaio 2023

Il regista Roan Johnson sul set de “I delitti del BarLume” con Lucia Mascino e Filippo Timi

Non è da tutte le serie tv italiane durare un decennio, specie sulle emittenti pay: se accade è sintomo di una affezione sincera del pubblico. Così il mix di ironia, giallo e segreti, combinato con un cast di attori eccezionali, ha fatto de I delitti del BarLume un fenomeno che è arrivato a festeggiare la decima stagione con le tre nuove avventure in onda dal 9 gennaio. La serie, una produzione Sky Original coprodotta con Palomar, andrà in onda in esclusiva su Sky Cinema e in streaming solo su Now da domani alle 21.15 per tre lunedì. A raccontarci il segreto del successo è Roan Johnson, regista e produttore esecutivo oltreché cosceneggiatore de I delitti del BarLume. Nella prima puntata Indovina chi? i protagonisti si vedranno impegnati nelle indagini sull’assassinio di un amministratore di condominio odiato da tutti: Filippo Timi che veste ancora i panni di Massimo Viviani, Lucia Mascino quelli del Commissario Fusco, Enrica Guidi è la Tizi, i “vecchini” Alessandro Benvenuti (Emo), Marcello Marziali (Gino), Atos Davini (Pilade), Massimo Paganelli (Aldo), Corrado Guzzanti è Paolo Pasquali, assicuratore di origini venete, e Stefano Fresi è Beppe Battaglia, fratellastro di Massimo. Anche i nuovi capitoli sono liberamente ispirati alla serie di romanzi I delitti del BarLume di Marco Malvaldi, edita in Italia da Sellerio Editore. Ma è anche l’occasione per conoscere meglio un regista che è diventato il re delle fiction tv. Roan Johnson è nato a Londra da padre inglese e madre lucana, ed è cresciuto a Pisa. Ha scritto la serie Il commissario De Luca, tratta dai romanzi di Carlo Lucarelli, e I delitti del BarLume, tratta dai romanzi di Marco Malvaldi, di cui cura anche la regia da ormai otto anni. Nel 2019 è il regista de La stagione della caccia e nel 2020 ha scritto e diretto La concessione del telefono, ambedue tratti dai romanzi di Andrea Camilleri. Nel 2010 ha pubblicato con Einaudi il romanzo Prove di felicità a Roma Est, che ha vinto il premio Berto, e con Mondadori Dovessi ritrovarmi in una selva oscura e La Naneide. Nel 2011 è uscito il suo primo film da regista, I primi della lista. Fino a qui tutto bene (2014), il film più premiato al Festival di Roma, e il suo lungometraggio, Piuma (2016), che affronta il tema della maternità inaspettata, è stato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, mentre nel 2021 ha realizzato State a casa, il suo film più personale dedicato al lockdown.

Come si spiega Roan Johnson il succeso duraturo de I delitti del BarLume? In effetti prodotti così longevi si contano sulle dita di una mano, siamo molto grati ai nostri spettatori che dimostrano un affetto grande. Non solo sui social, ma c’è anche una sorta pellegrinaggio a Marciana Marina sui luoghi del set. Solo che molti restano delusi perché cercano il Bar Lume e non sanno che noi lo montiamo e smontiamo ogni volta. Quando giriamo, è una via di mezzo fra il cinema, la tv più tradizionale e l’arte performativa e teatrale. Nel cast molti arrivano dal teatro. Non ci avevo fatto caso, ma gli attori che scelgo per i film e le serie tv arrivano prevalentemente dal teatro.

Piace anche l’intreccio fra giallo e umorismo toscano.

Si uniscono due generi che sono un ossimoro, il giallo che provoca il dramma e quello strano tono comico che se lo si azzecca funziona. Poi c’è altra cosa rara e unica. Il BarLume nelle intenzioni della Palomar dovevano essere episodi ognuno a se stante, ma io e gli altri sceneggiatori abbiamo provato ad aumentare le linee orizzontali, dando la continuità e facendo sviluppare i personaggi, mantenendo i romanzi di Malvaldi su una sorta pianeta diverso.

Adesso presentate ben tre puntate su Sky, al posto delle tradizionali due.

Sky ha capito che la serie è molto amata, che ha una fruibilità anche fuori dalla stagione in corso: quando rimandano le puntate sono sempre molto viste. Il pubblico ci scriveva dicendo di volere tre o quattro puntate perché due erano poche. Così Carlo Degli Esposti di Palomar si è convinto. Una cosa che piace al pubblico è che noi raccontiamo sempre anno l’anno in cui giriamo, le nuove puntate sono ambientate nell’estate del 2022 e accennano alla pandemia e alla guerra. Il BarLume ha il pregio di raccontare la realtà e crea una sorta di appartenenza per lo spettatore.

Inoltre sono irrestibili i “bimbi”, i vecchietti terribili del bar. E’ un modo per valorizzare anche la figura degli anziani in tv?

E’ vero che gli anziani sono raccontati poco in tv. Le loro figure sono parte del successo dei libri, ma da quando sono incarnati da vero ottantenni, sono diventati una sorta di colonna della serie. Abbiamo avuto traversie quando purtroppo è mancato uno di loro: lì abbiamo deciso di aumentare il cast introducendo Fresi e Guzzanti. I quattri “bimbi” anche loro cresciuti con noi. Abbiamo usato molte accortezze, durante la stagione del Covid abbiamo fatto in modo che venissero all’Elba il minimo indispensabile e poi siamo andati noi a Pisa e Livorno a girare nelle loro vere case.

Lei ormai è richiestissimo dalla tv, ma il cinema riesce ancora a farlo?

Non ho mai rinunciato al cinema. Per me che tendo a fare prodotti dove si ride, vedere il cinema pieno di pubblico è la cosa più bella che c’è. Sono stato risucchiato dalla tv, ma ho sempre tentato di non cedere. Ad esempio ho lottato perché i film da Camilleri La stagione della caccia e La concessione del telefono trovassero un distributore per le sale, perché hanno il respiro del cinema. C’ero riuscito ma il Covid ha bloccato tutto. Sono riuscito a girare State a casa dove provavo a raccontare quello che abbiamo passato durante la pandemia e il lockdown. Ma sono sorpreso dal processo di rimozione che c’è dal punto di vista della tv e della cinematografico, come se la pandemia non fosse esistita. E’ una cosa strana, è cosa su cui ragionare, ma mi stupisco.

In un altro film molto bello, Piuma, lei affrontava un tema non semplice: la maternità inaspettata di una coppia di adolescenti che la accettano nonostante gli adulti li scoraggino a portarla avanti.

Quel film è nato perché io e Ottavia Madeddu, la mia compagna e cosceneggiatrice del film, avevamo una grande paura di diventare genitori. E invece Jacopo e Arturo, che oggi hanno 9 e 6 anni, sono nati proprio grazie al lavoro catartico di Piuma. Proviamo a raccontare questa sensazione che non è solo nostra, ci siamo detti, la paura di assumersi una responsabilità e proviamo a massimizzarla: cosa succede se sei incinta a 18 anni? Cosa faremmo noi? E’ stato un modo per raccontar qualcosa di noi. Dopodiché abbiamo fatto due figli e anche gli altri due sceneggiatori Davide Lantieri e Carlotta Massimi (siamo noi quattro il gruppo del BarLume) hanno fatto due bimbi .

Forse il suo stile dipende dal suo mix inglese, materano e pisano?

Io amo molto la drammaturgia non perdendo la possibilità di riderci sopra, fa parte della grande tradizione della commedia all’italiana. Io ho frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e i mie interlocutori erano Virzì e Bruno. Forse il virare sulla dark comedy ha origine nel mio sangue anglosassone, ma molto ha a che fare con la desacralizzazione toscana. Non c’è autorità che possa fermare un toscano dal pensare che lui abbia ragione, ha la capacità di ridere di tutto, anche della morte.

Lei è anche docente di cinema.

L’insegnamento purtoppo ora riesco a seguirlo molto poco. Mi piace moltissimo, ho insegnato cinema italiano all’Università americana, i miei genitori sono insegnanti, avrò preso da loro.

Prossimi progetti?

Ora sono in procinto di girare la seconda stagione di Monterossi tratta dai romanzi di Alessandro Robecchi, distribuita da Prime Video. L’industria televisiva italiana lavora molto sui romanzi. I romanzi te li danno, tu li leggi, sento di poterli tradurre in video senza tradire, e probabilmente mi ci trovo molto a mio agio perché ho un’indole anche fin troppo razionale e analitica. Ma per il cinema ho un paio di progetti originali.