Agorà

Il caso. La barca dei 700 morti abbandonata in Biennale. Una proposta per salvarla

Alessandro Beltrami venerdì 11 dicembre 2020

L'installazione "Barca Nostra" di Christoph Büchel alla Biennale Arti visive del 2019

Già l'operazione di Christoph Büchel, per quanto piena di buona intenzioni, era apparsa nei risultati quanto meno discutibile, ma il finale può essere peggio. L'artista svizzero in occasione della Biennale di Venezia del 2019 aveva portato nella rada dell'Arsenale il relitto dell peschereccio che il 18 aprile 2015 affondò nel Mediterraneo con tra le 700 e le 1.000 persone a bordo. La più grande tragedia della recente storia dell'emigrazione. Il relitto era stato recuperato dal fondo del mare dalla Marina Militare nel 2016 lo aveva portato alla base navale Nato di Augusta, in Sicilia.

La volontà di Büchel era mettere il relitto, destinato alla demolizione, sotto gli occhi e quindi le coscienze di tutti, e attraverso il progetto chiamato “Barca Nostra" era riuscito a raccogliere i fondi necessari, superare i molti ostacoli burocratici e traghettare lo scafo in Biennale. Ma per dove era collocato privo quasi di indicazioni di contesto davanti al bar della Biennale, con i visitatorie impegnati a bere spritz davanti allo squarcio, e in aggiunta parcheggiato proprio nei pressi della grande gru idraulica Armstrong, il relitto appariva nel migliore dei casi ignorato, come uno scafo in attesa di essere riparato o dismesso, nei peggiore - è duro dirlo, ma l'impressione era esattamente quella - non un monumento ma voyerismo del dolore. Il problema alla base è se la testimonianza di una tragedia di proporzioni storiche può diventare sic et simpliciter, e anzi in modo abbastanza brutale, una "opera d'arte". A questo proposito si confronti, ad esempio, "Barca Nostra" con l'installazione per il Museo per la Memoria di Ustica, a Bologna, di Christian Boltanski.

A tutto questo, e a riprova della discutibilità dell'operazione, si aggiunge la beffa. Il relitto è ancora lì, ulteriormente abbandonato, privo di una collocazione definitiva. La Biennale si è rivolta alla magistratura veneziana per chiederne la rimozione, in vista della auspicata edizione del 2021 - quella del 2020 è saltata a causa del Covid, spiegando che “dalla fine di novembre 2019 abbiamo più volte sollecitato l’artista e la Galleria che lo rappresenta, Hauser & Wirth, al rispetto degli impegni presi in merito alla restituzione dell’opera al legittimo proprietario, la Città di Augusta. L’opera era stata concessa all’artista in comodato d’uso per essere esposta alla Biennale Arte 2019”.

Per sollecitare l'opinione pubblica e promuovere attivamente una soluzione l’artista Emmanuele Panzarini si è mobilitato attraverso l’hashtag #SOSforart lanciando un appello attraverso i social network rivolto a tutti gli artisti. «Se non si dovesse trovare a breve una soluzione - scrive Panzarini sul suo profilo Facebook - la distruzione del relitto, come extrema ratio, trascinerebbe a fondo la nostra coscienza e la consapevolezza dei nostri valori umani. Esiste una facile soluzione? Forse no. Ma se noi artisti, non sentissimo la necessità di “salvare” un’opera d’arte, chi altro mai avrebbe lo stesso desiderio di farlo?». E lancia la proposta di «organizzare un’asta pubblica alla quale ogni artista possa donare una propria opera, il frutto del proprio lavoro, per raccogliere i fondi necessari a evitare la distruzione del relitto, farlo rientrare ad Augusta e preservare nel tempo la sua memoria. Il valore di questa idea sarà tanto più forte quanto più persone aderiranno all’iniziativa. Da parte mia metterò a disposizione le prove d’artista dell’installazione Mare Nostrum realizzata nel Canale Ponterosso a Trieste, proprio nell’estate del 2015. Un’opera che suscitò un forte dibattito pubblico proprio per il tema trattato: la perdita in mare di migliaia di vite umane».