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Archeologia. Toscana, scoperto un grande tesoro romano a San Casciano

Redazione Agorà giovedì 4 agosto 2022

Gli archeologi al lavoro negli scavi di San Casciano ai Bagni (Siena)

Piscine ribollenti di acqua calda e curativa in uno scenario mozzafiato, con salti di quote, terrazze digradanti nel verde, fontane, colonnati, giochi d'acqua. A San Casciano dei Bagni in Toscana, piccolo borgo nella provincia di Siena che ancora oggi conta molto sul turismo termale, gli archeologi sono impegnati da tre anni in uno scavo che ha già fatto parlare di sé con il ritrovamento di una grande vasca, oggetti votivi, altari dedicati agli dei, persino un bassorilievo con l'immagine di un grande toro e uno splendido putto in bronzo, capolavoro di età ellenistica. Ma la vera sorpresa, racconta l'archeologo Jacopo Tabolli, è arrivata in queste ultime settimane con la scoperta delle reali dimensioni del santuario, che era stato degli etruschi e che i romani nei primi secoli dell'impero vollero rifondare rendendolo monumentale. Eccezionale al punto da ordinare alla zecca il conio di un tesoro di sfavillanti monete in argento, oricalco e bronzo destinate forse proprio alle offerte dell'imperatore, per onorare quegli dei che dovevano vegliare sulla sua salute e su quella dei tanti notabili romani pronti ad affrontare il viaggio verso questo luogo sacro.

Alcune delle monete rinvenute negli scavi di San Casciano ai Bagni (Siena) - Ansa

Un tesoro unico al mondo

​«Un contesto senza uguali in Italia e nel Mediterraneo antico», sottolinea appassionato Tabolli, che insegna all'Università degli stranieri di Siena e qui guida dalla prima ora il progetto, promosso dal Comune con la concessione del ministero della Cultura e portato avanti insieme a Emanuele Mariotti, direttore dello scavo, e Ada Salvi della soprintendenza, oltre ad atenei italiani e internazionali. Una scoperta eccezionale, spiega, «per le dimensioni dell'area del santuario, molto più grandi di quello che potevamo immaginare, con diversi edifici sacri, altari, piscine». Le riprese dall'alto con il susseguirsi di marmi, strutture, e vasche di ogni forma e dimensione che emergono dal fango, sono emozionanti. Ma a stupire è anche la qualità e la rarità del tesoro di oggetti emersi in queste ultime settimane di scavo. Il più importante, dice Tabolli, è forse uno strabiliante utero in bronzo che risale agli anni tra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero romano: «Nei santuari etruschi e poi in quelli romani dedicati alla fertilità è frequente trovare uteri in terracotta, in bronzo sono rarissimi», fa notare il professore. Le scoperte sono state continue«, racconta, da un orecchio in bronzo che un certo Aulus Nonnius aveva dedicato agli dei per ringraziarli della guarigione, a una gamba e persino un rarissimo pene, sempre in bronzo. Senza contare le monete: »Oltre tremila e tutte di fresco conio« come ha documentato Giacomo Pardini, esperto dell'Università di Salerno. «Uscite dalla zecca di Roma e subito portate a San Casciano ad onorare la sacralità del luogo e molto probabilmente i suoi momenti fondativi», ragiona Tabolli. Meraviglie a cui si aggiungono splendidi altari scolpiti nel travertino locale.

Già pronti i fondi per un museo

Il ministro della Cultura Franceschini applaude: «Una scoperta davvero eccezionale che conferma l'importanza di questo scavo e del lavoro egregio portato avanti in questi anni», commenta, mentre il dg musei, Massimo Osanna annuncia che ci sono già i fondi per dare vita a San Casciano ad un museo interamente dedicato alle scoperte del Bagno Grande: «Lo apriremo in un palazzo cinquecentesco del centro storico - anticipa Osanna - per allestirlo con i reperti già scavati e quelli che arriveranno». Tant'è, il lavoro dell'ultima campagna di scavo, la settima, come al solito portata avanti coinvolgendo frotte di studenti, ha acceso nuova luce su alcune fasi della storia di questo incredibile santuario, frequentato anche all'epoca dei Medici, tanto che Federico Borromeo - sì, proprio il cardinale che tutti noi ricordiamo dai Promessi Sposi - venne fino a qui per ben due volte nel 1600 e poi nel 1601 per curare un dolorosissimo quanto misterioso “mal di guancia”. «Stiamo recuperando quello che resta del porticato costruito nel '500 dai Medici», che poi spostarono il centro termale nella zona di Fonteverde, a due chilometri dall'antico santuario, spiega l'archeologo. Intanto sono state trovate le prove di un drammatico crollo che coinvolse la zona del Bagno Grande negli ultimi anni del III secolo d.C., quando nel terreno si aprì una voragine profonda più di due metri che fece sprofondare quasi tutto, vasche, edifici, colonnati. I romani cercarono di rimediare al disastro avviando una possente operazione di restauri e interpretarono quella devastazione come un prodigium, un segnale mandato dagli dei. «Proprio qui, nel cuore della voragine - indica Tabolli - innalzarono un nuovo altare e sulle macerie costruirono una nuova piccola vasca con tanto di gradini per rendere più facili le immersioni». Una determinazione che la dice lunga sul fascino di un luogo amato e frequentato da più di duemila anni. E che in autunno, con la ripresa degli scavi, potrebbe riservare ancora chissà quali sorprese.