Agorà

EURO2012. Appesi al Trap «The cat is not in the bag »

Massimiliano Castellani sabato 16 giugno 2012
Il più cattivo dei pensieri prima di Euro 2012? L’Italia costretta a qualificarsi contro l’Irlanda del suo caro maestro, il vecchio Giovanni Trapattoni. E quel brutto pensiero, lunedì sera a Poznan diventerà realtà. «Sorry the cat is not in the bag». Il gatto qui in Polonia non sarà più nel sacco del Trap, e Prandelli, uno dei suoi figliocci più amati dai tempi della Juve, per infilarcelo dovrà batterlo e stare con il fiato sospeso fino al 90’, perché Spagna e Croazia non si può sapere come si regoleranno.Intanto la Trap Army (l’esercito dei 20mila tifosi irlandesi), prepara la ritirata, l’Irlanda comunque vada contro gli azzurri è già a casa. Ma Trapattoni resta comunque un monumento vivente del pallone. E non solo per gli irlandesi. Un Higlander, si è presentato a Euro 2012 con sulle spalle oltre mezzo secolo di calcio giocato e pensato da una panchina e a 73 anni e 3 mesi non ha nessuna intenzione di mollare. «Smetterò un giorno, non so quando… Ma non si va mai in pensione da una passione». Una passione contagiosa, trasmessa in cinque nazioni, vincendo 10 campionati (secondo solo a sir Alex Ferguson) in quattro diversi campionati, tra Italia (Juve e Inter), Germania (Bayern Monaco), Austria (Salisburgo) e Portogallo (Benfica). Ct di due nazionali, prima di quella irlandese, la parentesi azzurra diventata tenebra, solo perché tradito dallo scandaloso arbitro Moreno ai Mondiali asiatici del 2002 e dal "biscotto avvelenato" di Svezia-Danimarca a Euro2004.Ma il Trap  non si è mai arreso, fedele al credo professionale «il lavoro e il sacrificio alla lunga ripagano sempre» e soprattutto «quello nel buon Dio», con l’acquasantiera regalata dalla sorella suora sempre in tasca, continua imperterrito per la sua strada. Niente può fermare l’altro Gran Giuàn, dopo Brera, da Cusano Milanino. Ha insegnato calcio, «all’italiana certo, siamo una scuola riconosciuta in tutto il mondo», alle generazioni degli ultimi quarant’anni, Prandelli compreso. Si è evoluto, aggiornato, anche se dicono che lui sia sempre lo stesso e il suo calcio un po’ antico. Si sbagliano e l’unica cosa che non ha mai modificato è la convinzione che si «può fare sempre meglio». Da quando nel 2008 ha preso in mano l’Irlanda il primo comandamento è stato: «Chi accetta di perdere nella partitella del giovedì, lo farà ancora più facilmente la domenica». Con i giocatori, da poliglotta-artigiano, il Trap si esprime in un "gramelot" che manda in visibilio tutti, a cominciare da Manuela - la sua traduttrice personale - ai media irlandesi. Trap istrione sanguigno (non a caso il Nereo Rocco lo volle suo vice) che dallo "Strunz" di Monaco al gatto d’Irlanda, aggiorna continuamente il suo repertorio. Qui ha esordito con il maccheronico «there is one ball, se non la rincorri sei Ponzio Pilato», avvertimento evangelico per i suoi difensori che pur rincorrendo tanto Modric e soci hanno incassato 3 gol dalla Croazia e poi 4 dalla furiosa Spagna. E così adesso anche gli scriba dublinesi gli rinfacciano «the big Euroflop». Sorry, ma stiamo parlando di una nazionale di umili cantori isolani e non dell’Ulisse di Joyce. Una selezione ferma al successo contro gli inglesi a Euro ’88 (gol epico di Houghton), ora con un capitano simbolo, Keane, migrato nel soccer americano (Los Angeles Galaxy) e giocatori che al massimo militano nell’undicesima forza della Premier. Eppure grazie al Trap questa modesta compagnia di giro è riuscita ad arrivare all’appuntamento di Polonia-Ucraina e senza perdere per 14 partite di fila. Ora le critiche, feroci. Ma il Trap, come sempre se la fischia, alla pecorara. Sa bene che tutto il mondo è paese e non sono solo gli italiani che vogliono avere «l’uovo e la gallina con il sedere caldo».«Un giorno sei un eroe e il giorno dopo nessuno. Più che un grande allenatore, mi piacerebbe essere ricordato come un uomo per bene», disse ad “Avvenire” l’ultima volta che lo incontrammo. Non ci tiene a passare da San Patrizio del calcio, anche se sognava tanto un altro pellegrinaggio alla cappella sul Croagh Patrick. Quel 28 aprile scorso, per ringraziare San Patrizio (voto fatto in caso di qualificazione agli Europei) insieme al Trap c’erano tremila fedelissimi irlandesi: uomini, donne e bambini, ai quali in questi quattro anni ha fatto scoprire il bello del calcio. Ma soprattutto, ha insegnato che nella vita bisogna sempre fare i conti con qualche gatto, che di finire nel sacco a volte non ne ha proprio voglia.