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Tendenze. Ambiente, quando il cinema salva il pianeta

Angela Calvini lunedì 12 ottobre 2015
Il cinema sta assumendo sempre più il ruolo di coscienza critica sulle questioni ambientali, e il pubblico risponde. Lo dimostrano le lunghe code di ragazzi al Cinema Massimo di Torino per assistere alle proiezioni di decine di documentari, film e cortometraggi proposti dal 18° Festival CinemAmbiente, sostenuto dal Museo Nazionale del Cinema, che si concluderà oggi. Cento opere selezionate su mille film arrivati da tutto il mondo dedicati a inquinamento, desertificazione, sfruttamento delle risorse, ingiustizie sociali, ma anche bellezza della natura e nuove soluzioni. Le grandi produzioni internazionali sono ormai degne delle passerelle di grandi festival. A Torino arriva direttamente da Cannes, qui in anteprima italiana, La glace et le ciel di Luc Jacquet sui cambiamenti climatici, dal Sundance Festival di Robert Redford How to change the world sulla nascita di Greenpeace, dalla Mostra di Venezia Human - Un ritratto del pianeta di Yann Arthus-Bertrand che unisce i sentimenti umani alle grandi visioni aeree della natura. Novità di rilievo anche 1 0 billion - What’s on your plate? del tedesco Valentin Thurn sul futuro dell’alimentazione del pianeta. Ma la carica degli “ambientalisti” non finisce qui. Dopo essere stato candidato agli Oscar 2015 col supporto di Leonardo Di Caprio, il documentario Virunga di Orlando von Einsiedel che denuncia le mire di una compagnia petrolifera sul più importante parco africano, in Congo, è stato acquistato in esclusiva da Netflix che presto sbarcherà anche in Italia. Il 26 gennaio arriverà in tutto il mondo Les saisons che Jacques Perrin, insieme a Jacques Cluzaud, ha dedicato alle antiche foreste europee ormai scomparse. Si attende poi l’uscita del film This changes everything (Una rivoluzione ci salverà) che il regista Avi Lewis ha tratto dall’omonimo best seller dell’attivista canadese Naomi Klein. Sette potenti storie di comunità in prima linea nella lotta all’inquinamento, dagli Usa a Grecia, India, Cina. Non manca poi l’animazione. Il prossimo 14 gennaio arriverà nelle sale italiane Un orso polare a New York dove il peloso protagonista dovrà fermare una speculazione edilizia nell’Artico, mentre, sempre, nel 2016, il Polo Sud sarà il protagonista del cartoon Antartica di Don Hertzfeldt. Per quello che riguarda l’Italia, tante sono le produzioni indipendenti, che però trovano pochissimo spazio nelle sale. Fra queste, Transumanza di Roberto Zazzara che racconta le antiche vie dei tratturi e Storie di uomini e lupi di Alessandro Abba Legnazzi e Andrea Deraglio.«Negli ultimi venti anni è cambiato tutto – spiega Gaetano Capizzi, direttore di CinemAmbiente –. È cresciuta la coscienza dei temi ambientali. Vent’anni fa i film avevano toni più militanti e venivano solo gli ambientalisti. Ora sono film coinvolgenti e con uno spirito positivo e attirano un pubblico di famiglie. Il genere “green” è composto da storie contemporanee e coinvolgenti, che veicolano messaggi di grande valore etico e stanno contribuendo alla rinascita del documentario». Tanto che oggi esiste una rete di ventiquattro festival dedicati all’ambiente, in ventinove Paesi, chiamata “Green Film Network” di cui Capizzi è il fondatore e direttore.Nonostante ciò la grande industria del cinema fa fatica a investire sulla nuova tendenza. «Ma oggi i produttori stanno cambiando atteggiamento – aggiunge Capizzi – si sono accorti che alcuni capolavori portano grandi incassi, e hanno cominciato a produrli». Il punto di svolta è stato Una scomoda verità di Davis Guggenheim, protagonista l’ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore che nel 2006 denunciava i mutamenti climatici: Oscar come miglior documentario, Premio Nobel per la pace ad Al Gore.  Trionfo su tutta la linea.Secondo Bertrand Tavernier il primo film ecologista della storia fu addirittura girato dai fratelli Lumiere nel 1899, riprendendo gli incendi dei pozzi petroliferi a Baku, in Azerbaigian nel film Puits de pétrole à Bakou. Vue d’ensemble. La strada è stata lunga, poi da Nanuk l’eschimese (1922) di Robert J. Flaherty a Into the wild (2008) di Sean Penn. E poi sono aumentati a dismisura i messaggi ambientalisti in film come L’era glaciale, Happy feet, A bug’s life, Wall- E sino al colossal 3D di James Cameron Avatar nel 2010. A fare tendenza oggi è la scuola francese con la Galatée film di Jacques Perrin che ha aperto la strada con Microcosmos - Il popolo dell’erba nel 1996, cui sono seguiti i successi del Popolo migratore (2001) e Oceani 3D (2009). Senza contare l’Oscar a La marcia dei pinguini (2005) di Luc Jacquet. L’altra grande realtà è Disneynature che ha messo a segno nel 2009 il successo di Earth - Il nostro mondo, oltre all’inglese Bbc. «Ormai tutti i giovani registi neodiplomati girano subito film sull’ambiente – spiega Margaret Parson, curatrice della programmazione cinematografica della National Gallery of Art di Washington –. Vogliono raccontare le ingiustizie delle multinazionali che espropriano, inquinano o sottomettono ai loro interessi le popolazioni locali. È sempre di più un cinema che collega l’aspetto umano ai problemi ambientali: è un movimento che sta crescendo».