Agorà

Cinema. "Amare amaro" in una terra ostile

Giuseppe Matarazzo sabato 24 aprile 2021

Una scena del film “Amare amaro” di Julien Paolini, con Syrus Shahidi

«Murìuu». È morto. Il grido di un bambino che corre attraversando la notte di un borgo siciliano, fra i monti e il mare, annuncia la tragedia: Giosuè, balordo del paese resta ucciso dopo aver causato la morte di altre due persone sfondando con l’auto la vetrina di un bar. Una tragedia che ne innesca un’altra: quella del fratello Gaetano (Syrus Shahidi), il fornaio del paese, l’unico che va d’accordo con gli abitanti del posto, nonostante sia guardato con diffidenza per le sue origini metà siciliane, metà francesi. Perché pur consapevole delle colpe di Giosuè, Gaetano reclama il corpo per dargli giusta sepoltura, al cimitero, accanto alla madre; e invece trova un muro delle autorità cittadine rappresentate dal “sindaco” Enza (Celeste Casciaro) e dal “maresciallo” ( Tony Sperandeo): «Non si può. Il sangue di un malvagio non si può mischiare con quello della nostra gente». Comincia così il racconto di Amare amaro, l’opera prima del giovane regista franco-italiano, Julien Paolini, che 102 Distribution ha lanciato sulla piattaforma Prime Video di Amazon. Una moderna chiave western dell’Antigone di Sofocle ambientata nella Sicilia di oggi, con meravigliosi scorci di Belmonte Mezzagno, Terrasini, Balestrate, Carini e Cinisi. Il racconto di un «uomo solo contro tutti», sostenuto dalla fidanzata Anna ( Virginia Perroni), sorprendentemente la figlia del sindaco: «Un uomo morto non ha bisogno di essere ucciso due volte». Una miscela di emozioni, per smontare luoghi comuni, contraddizioni del mondo di oggi, dove la paura dello straniero, del diverso serpeggia a più livelli. Paolini non lo rappresenta come sarebbe facile fare con chi viene da lontano, l’extracomunitario, il nero. No, la sua “provocazione” è più alta. Il diverso è un francese. Paolini parte dal suo vissuto di emigrato italiano Oltralpe: nato a Firenze, da un padre italiano e una madre francese, quando aveva otto anni si trasferì con la famiglia alla periferia di Parigi. «E non è stato facile. Ancora oggi non so se sono italiano o francese». Paolini ha sposato una palermitana e forse il futuro sarà in Sicilia. In questa terra dove ha scoperto un incontro di culture che lo stimolano a creare. «C’è più apertura mentale e rispetto a Palermo che a Parigi». Ma è nella Sicilia alle porte di Palermo che ambienta questa tragedia moderna. Il francese che non è accettato. Che viene guardato male «perché non è nato qua». Le autorità che dichiarano l’esilio della salma, lo nascondono, sono disposti a uccidere ancora pur di garantire «l’ordine». Anche se «nun si cumanna una terra deserta », una delle poche frasi che arrivano direttamente dall’Antigone.

Una realtà con cui dovrà fare i conti la sindaca, sospesa fra il dover garantire la “sua” legge e il “dolore di una madre”. «Due anime – fa notare Paolini – che si fondono foneticamente in maniera straordinaria nella lingua francese: mère, madre, e maire, sindaco». La lotta di Gaetano e di Anna per la libertà, per la dignità, per il diritto di tutti di esistere e di morire in pace fa i conti con «la fedeltà a una tradizione». Ma quale? Così Paolini – che con Amare Amaro ha partecipato al Taormina FilmFest e ha vinto il Grand Prix come miglior poliziesco al Festival Polar de Cognac – fa emergere le assurdità di alcune scelte, le estremizza secondo i toni della tragedia greca, i protagonisti, il coro, il paese come fosse un grande palcoscenico diffuso di situazioni, scene per rappresentare un copione senza tempo. E forse senza spazio. Perché il film è ambientato in Sicilia. Ma è davvero Sicilia? Il popolo non parla solo con accento siculo. Ci sono le canzoni del melodramma popolare napoletano, ci sono italiani forzati, come per dire che è Sicilia, ma non è solo Sicilia. Perché si parla di sentimenti e di paure universali. Di poteri forti e di dolori che esulano dall’isola, anche se Paolini qui la rappresenta. Come un approdo personale.

«La terra di un domani possibile. Amo la Sicilia, sì. L’isola riflette la sua violenza geografica. La serenità del mare si scontra con la brutalità delle montagne. In inverno, la Sicilia è come estinta e la malinconia affligge gli abitanti. Gaetano ama e odia allo stesso tempo questa terra ostile. Lo straniero sfida lo “sceriffo” nel suo villaggio sperduto. Gaetano è la lotta dello spirito antimafia della nuova generazione. Prova a lottare fino in fondo. Anche lui in cerca di una identità ». Davanti a quel mare d’inverno Anna dice a Gaetano: «Bella la nostra acqua…». «Ma è gelida», risponde Gaetano, come per mantenere il 'distacco' da una terra che non sente ancora completamente sua. Come Paolini, forse, in cerca della sua isola, della sua identità. Di un 'amare' meno 'amaro'.