Agorà

Nelle sale. Allievi della Scala. Il mestiere delle arti

Pierachille Dolfini martedì 22 aprile 2014
Le magliette ben piegate accanto alle scarpette da ballo nuove. La mamma chiude la valigia, Fabio la prende e sale sul pulmino. Guarda fuori dal finestrino. Osserva le sue montagne. E via verso Milano, destinazione via Campo Lodigiano. Inizia un nuovo anno scolastico per Fabio e per tutti i ragazzi della Scuola di ballo del Teatro alla Scala. La gioia di chi ha superato l’esame di ammissione in un abbraccio con mamma e papà. Poi subito alla sbarra a fare esercizi. Intanto in via Santa Marta in un’aula il test per l’ammissione al corso per parrucchieri: prima le domande scritte, poi la prova pratica su una testa di manichino, infine il colloquio motivazionale. Inizia un nuovo percorso di studi anche per gli allievi dell’Accademia di canto, per i costumisti e gli scenografi, per gli attrezzisti e i truccatori. Lezioni e tirocinio per diventare professionisti del mondo dello spettacolo. Dieci mesi intensi. E quelli da settembre 2011 a giugno 2012, ripresi dalle telecamere come occhio discreto in aula e nella quotidianità dei ragazzi, sono oggi diventati Fuoriscena, un film documentario di Massimo Donati e Alessandro Leone. Presentata al Torino film festival 2013, Premio speciale ai Nastri d’argento 2014, la pellicola arriva oggi e domani nelle sale del circuito The Space Cinema. Un racconto senza narratore, tutto affidato alle immagini e alle voci in presa diretta degli allievi e degli insegnati. Parole che per gli allievi dell’Accademia della Scala sono la quotidianità. «Il corpo deve partecipare ai movimenti. Chassé, pas des bourrèe... non andare oltre la quinta» dice la maestra di ballo che chiama le sue allieve per nome: Paola, Lusy, Amanda, Ludovica, Lucia. «Qui c’è ancora l’aderenza della ferita: Schiaccianoci lo salterei» consiglia la fisioterapista a Jacopo, il cui volto si fa triste perché non potrà vestire i panni del principe nella fiaba natalizia di Cajkovskij. «Lavora e vedrai che presto potrai tornare a danzare». Il riscaldamento, le ore alla sbarra. «Ma non continuate a guardarvi nello specchio!». Disciplina e rigore, ma anche la bellezza dello stare insieme, del condividere la quotidianità. Li vedi in convitto: qualcuno ripassa la lezione su Garibaldi, due bambine lavano le tazze della colazione, un ragazzo stende magliette e calzamaglie dopo aver svuotato la lavatrice. Milano, intanto, inizia la sua giornata. Shin, prima di andare a scuola, fa una videochiamata al papà dall’altra parte del globo. «Recitiamo insieme le preghiere del mattino». Congiunge le mani, ascolta l’invocazione del padre e risponde «Amen». Poi  di corsa a scuola di canto. «Mi si turba, mi s’altera il petto» interviene l’insegnante di italiano correggendo l’accento del mezzosoprano coreano. Perché in Accademia di canto le lezioni di italiano si fanno sulle partiture di Mozart e Donizetti. Quelle che poi i ragazzi portano in scena. Nei concerti di canto o nell’allestimento, tutto firmato dall’Accademia, che ogni anno il Teatro alla Scala mette in cartellone. Il regista Jonathan Miler prova con gli allievi il suo Don Pasquale. Intanto fuori nevica e Ludmilla chiama a casa, in Brasile: «È bellissimo» dice uscendo all’aperto e lasciandosi ricoprire dai fiocchi che imbiancano Milano. La Milano dei tram che sferragliano e degli operai che lavorano, delle donne delle pulizie che tirano a lucido le aule di danza e dei professori delle scuole serali che fanno lezione ai ragazzi che quasi si addormentano sui banchi. Una Milano raccontata da Donati e Leone con un tocco poetico alla Ermanno Olmi. Vedi il sudore sui visi dei ragazzi, quasi lo senti impregnare l’aria del Teatro Strehler dove gli allevi della Scuola di ballo, per Natale, danzano lo Schiaccianoci: Mattia in prova strappa l’applauso di compagni e tecnici di palcoscenico per i suoi interminabili giri alla seconda. Senti quasi il cuore che batte a più non posso spiando, con le telecamere, nei camerini della Scala mentre i giovani cantanti indossano i costumi di Don Pasquale: le sarte spiegano alle ragazze che studiano da costumiste come fare un ritocco dell’ultimo minuto. E mentre gli applausi del pubblico sono ancora nell’aria, i tecnici sono pronti a montare la scenografia di un’altra opera, della verdiana Luisa Miller, un bosco di querce, arrivata sui camion in via Verdi dai laboratori Ansaldo. Dove si lavora artigianalmente: legno e chiodi, ago e filo, colori e stoffa. Una Milano che guarda con discrezione, ma anche con tanto affetto i ragazzi che arrivano per costruirsi un futuro. Magari "rubando il mestiere" ai loro maestri, Renato Bruson e Luciana Serra, ma anche a Luisa Mandelli, soprano che ha cantato con Maria Callas e che oggi, ospite di Casa Verdi, insegna alle cantanti di domani a «riempire di colori e anima la voce». O ai colleghi del Corpo di ballo scaligero durante una prova di Raymonda. I mesi passano. I ragazzi si diplomano. Frédéric Olivieri, direttore della Scuola di ballo, dà gli ultimi consigli a Vincenzo che poi corre a casa e si mette a spedire il suo curriculum al Royal ballet e al Ballet Preljocaj. Anche Fabio torna a casa, di nuovo tra le sue montagne per le vacanze: pantaloncini corti, in mano un rastrello, raccoglie il fieno che sarà il cibo per le sue mucche il prossimo inverno. Quando lui sarà in città, davanti ad uno specchio, a fare ancora esercizi alla sbarra.