Agorà

Musica. Alla Scala tornano i conti e le grandi bacchette

Pierachille Dolfini martedì 30 maggio 2023

Sarà il Don Carlo di Giuseppe Verdi ad inaugurare il prossimo 7 dicembre la nuova stagione del Teatro alla Scala. Sul podio il direttore musicale del Piermarini, Riccardo Chailly, che avrà sul leggio la versione in quattro atti del 1884. Regia di Lluis Pasqual. Cantano Francesco Meli, Anna Netrebko, Luca Salsi, Elīna Garanča e René Pape. Don Carlo primo di quattordici titoli d’opera della stagione 2023/2024 presentata ieri dal sovrintendente Dominique Meyer e definita la «stagione dei grandi direttori». Perché alla Scala arriverà Kirill Petrenko, «il direttore dei Berliner philharmoniker, che scende raramente in buca, dirigerà il Rosenkavalier di Strauss. E poi inizieremo un nuovo Anello del Nibelungo con la bacchetta di Christian Thielemann, il più grande direttore wagneriano di oggi, e la regia di David McVicar che completeremo nella primavera del 2026, presentando due cicli del Ring». Non solo. Il sindaco di Milano Beppe Sala, presidente del consiglio di amministrazione del Piermarini, saluta con soddisfazione «il ritorno di Riccardo Muti con la Chicago Symphony». E poi Michele Mariotti per il Guillaume Tell (versione francese) di Rossini, Alain Altinoglu sul podio del Werther di Massenet e Daniel Harding per Turandot di Puccini, Giovanni Antonini per L’Orontea di Cesti, «nuovo capitolo del progetto dedicato al Barocco italiano affidato alla regia di Robert Carsen». Daniele Gatti dirige la Filarmonica nella Nona di Mahler, Esa-Pekka Salonen arriva con la Philarmonia di Londra, Ingo Metzmacher dirige Como una ola de fuerza y luz di Luigi Nono.

Grandi direttori sul podio e figli d’arte in regia: Daniele Abbado, figlio di Claudio, mette in scena il Simon Boccanegra verdiano (storico cavallo di battaglia del padre che, grazie ad un accordo con le Teche Rai, sarà presto disponibile on demand su LaScalaTv insieme all’Otello di Kleiber e Zeffirelli e al Macbeth di Abbado e Strehler), Chiara Muti lavora al Tell rossiniano (titolo che alla Scala manca dal 1989 quando lo diresse proprio il padre Riaccado), Irina Brook (figlia di Peter) firma un nuovo allestimento de La rondine. A dirigere il tiolo pucciniano sarà Chailly «Proporremo la prima versione del 1917, non però quella della prima di Monte Carlo, ma l’edizione critica approntata da Ricordi sul manoscritto trovato negli archivi di Torre del Lago. Cento battute mai ascoltate renderanno giustizia a questo capolavoro che non è affatto un’operetta» dice il direttore. Damiano Michieletto firma Medée di Cherubini, «versione francese del titolo che mancava dai tempi delle mitiche recite di Maria Callas» annuncia Meyer. Christoph Loy debutta a Milano con Werther, la nuova Turandot è di Davide Livermore.

Oltre 250 alzate di sipario, nove serate di balletto (il cartellone del direttore del Corpo di ballo Manuel Legris parte con una nuova Coppelia di Alexey Ratmansky), oltre sessanta appuntamenti con i concerti tra sinfonica, musica da camera, recital di canto (tra gli altri Juan Diego Florez, Lisette Oropesa e Roberto Alagna) e concerti straordinari: il Collegiun vocale Gent con Philippe Herreweghe porta la Passione secondo Matteo di Bach, Les musiciens du Louvre diretti da Marc Minkowski propongono Alcina di Haendel, Les arts florissants e William Christie la Fairy Queen di Purcell. Tre gli anniversari celebrati da Chailly: il 7 maggio 2024 i duecento anni della Nona di Beethoven, il 23 maggio per ricordare i centocinquant’anni dalla prima assoluta il direttore porterà in San Marco, dove risuonò per la prima volta, la Messa da Requiem di Verdi mentre il 29 novembre a cento anni dalla morte di Puccini dirigerà pagine del compositore con Anna Netrebko e Jonas Kaufmann.
«Il teatro è ben gestito e i conti sono in ordine. Una cosa che non va data per scontata» dice il sindaco di Milano Beppe Sala rinnovando piena fiducia nei vertici del Teatro alla Scala presentando la nuova stagione del Piermarini. E stoppa le polemiche sul rinnovo del contratto sovrintendete Meyer dopo il 2025 per via del limite a settant’anni per i manager messo dal governo. «Il quadro legislativo è incerto. Il governo faccia chiarezza. Dunque per ora non si parla del nuovo sovrintendente, un tema che ho congelato anche il consiglio di amministrazione. Meyer ha il diritto e il dovere di lavorare e programmare anche oltre il 2025» taglia corto Sala ribadendo «la mia soddisfazione e quella di tutto il cda per un cartellone ricco, con tante novità, grandi interpreti e il ritorno a Milano di Muti».

Prezzi invariati con l’accorgimento di eliminare il 20% di prevendita: una poltrona di platea per un’opera costa comunque 300 euro, mentre un ritocco all’insù è stato fatto per la sera di Sant’Ambrogio con il biglietto che passa da 3mila a 3mila e 200 euro. «La salute del teatro è molto buona. Abbiamo ridotto i consumi del gas del 22% e di elettricità del 15%. Abbiamo pareggiato i conti durante gli anni del Covid. Poi c’è stata la guerra e abbiamo perso i turisti russi e quelli dell’Estremo Oriente. Nonostante questo il pubblico è tornato e numeroso: il 30% è di turisti stranieri, che non sono turisti per caso, ma prenotano per tempo sapendo bene cosa vogliono ascoltare» racconta Meyer spiegando poi che nel primo quadrimestre del 2023 si è raggiunta una saturazione media della sala di oltre il 90%, migliore del pre Covid. Una saturazione vera perché sono biglietti venditi al prezzo effettivo e non svenduti all’ultimo momento tanto che i biglietti last minute sono diminuiti del 46% rispetto alla stagione 2019 e i ricavi a recita sono aumentati del 25%». E se in cinque mesi sono già stati venduti un milione e 700 mila biglietti, il sovrintendente segnala con orgoglio che «uno spettatore su tre ha meno di 35 anni e abbiamo più spettatori con meno di 35 anni che spettatori che hanno superato i 55».

Archiviata la soddisfazione per la nuova stagione all’orizzonte c’è lo stato di agitazione proclamato dai sindacati per il rinnovo contrattuale scaduto nel 2020 e prorogato di due anni a causa della pandemia.