Agorà

Lutto. Addio Ida Magli, voce critica sull'Europa

Rossana Sisti martedì 23 febbraio 2016
Aveva finito di scrivere un nuovo libro, Figli dell’uomo. Storia del bambino, storia dell’odio, che dovrebbe uscire per Rizzoli: una lunga riflessione su duemila anni di storia dell’infanzia. Si svegliava all’alba e andava a letto tardi, instancabile fino all’ultimo Ida Magli, antropologa e scrittrice morta domenica nella sua casa di Roma. Si era rotta il femore alcune settimane fa, aveva sostenuto un intervento ma era parecchio depressa all’idea di non poter più essere autonoma, lei che della propria indipendenza esistenziale e di pensiero aveva fatto uno stile di vita. Una vita lunga e controcorrente la sua, animata da una caparbietà che soprattutto negli ultimi anni non ha mai ammorbidito a proposito dei temi che l’appassionavano: l’Europa, l’islam, i rapporti tra politica, civiltà e religione. E le donne, con cui non è mai stata tenera. «Ho passato una vita a difenderle – aveva detto – ma che delusione.  Purtroppo debbo constatare che non pensano. Che non sanno fare politica. Che non sono capaci di farsi venire un’idea nuova».   Non era certo una mediatrice né cercava di piacere a tutti. Classe 1925, Ida Magli aveva cominciato con la musica, diplomandosi in pianoforte al conservatorio Santa Cecilia; si era poi laureata in filosofia e attraversando la psicologia era approdata all’antropologia culturale, che per anni ha insegnato alla Sapienza di Roma. Anticipatrice di quella scuola di antropologi interessati a capire segni, simboli e comportamenti della nostra civiltà rispetto alle ricognizioni dentro le culture lontane. Autrice di una lunga serie di saggi – tra cui Gesù di Nazareth. Tabù e trasgressione, Matriarcato e potere delle donne, Santa Teresa di Lisieux, Viaggio intorno all’uomo bianco, La donna un problema aperto, Storia laica delle donne religiose –, aveva firmato la voce “Antropologia culturale” per l’enciclopedia Garzanti. Sono stati però l’Europa e l’islam i due poli d’interesse che hanno monopolizzato la sua attenzione negli ultimi vent’anni, oggetto di interviste e articoli. Hanno sempre suscitato polemiche e perplessità i suoi attacchi al vetriolo «contro l’Europa», titolo del suo pamphlet pubblicato nel 1997. Proprio l’Europa unita sulla quale oggi è aperto un grande dibattito e che lei ha sempre considerato un’idea sbagliata, un errore, un progetto che ha penalizzato le identità e le sovranità nazionali, senza sguardo né sul passato né sul futuro, ma utile alla dittatura di economisti e banchieri. E ancora, «un bluff, ma giocato sotto le vesti della democrazia, con la vita dei popoli, con la loro identità, con la loro libertà, con i loro affetti, con le loro ricchezze. Un crimine che ancora nessun imperatore, nessun dittatore, nessun tiranno aveva mai compiuto». Perciò era stata tranchant nella conclusione: «Io rifiuto la cittadinanza europea che mi è stata imposta, e che è stata inventata da un’entità illegittima che disprezzo». Criticava l’islam e l’immigrazione, che vedeva come un contributo «alla frantumazione dell’unità dei popoli europei» e sosteneva, con una fermezza da moderna cassandra, che «dobbiamo limitare l’ingresso in Italia ai musulmani oppure l’Italia sarà perduta. Dobbiamo difendere la nostra libertà di pensiero, le conquiste delle donne, dobbiamo ricordare la fatica che abbiamo fatto per difendere i nostri diritti». E ce l’aveva con l’“eclissi” del cristianesimo, con gli italiani «incapaci di valutare l’incidenza nella nostra società della religione di cui sono portatori gli immigrati, la forza del loro essere “credenti”, il peso dei comportamenti imposti dal Corano in ogni ambito della vita, ma soprattutto nel rapporto fra uomo e donna». Il tema della cittadinanza agli stranieri, gli sbarchi a Lampedusa e i morti sulle carrette del mare continuavano a ispirarle riflessioni infuocate. Gli attacchi terroristici di Parigi, che riteneva una evidente conferma delle proprie idee, l’avevano colpita profondamente e convinta a rialzare la voce contro i pericoli dell’“invasione” degli stranieri. Inflessibilmente uguale a se stessa.