Agorà

Sanremo. Achille Lauro: «Io sono contro la droga»

Angela Calvini, inviata a Sanremo domenica 10 febbraio 2019

«La mia canzone non è un inno alla droga, non sporcherei mai un lavoro raffinato facendo una stupidaggine del genere. La droga è un problema sociale e io so di cosa parlo. Mi sono sentito aggredito». Così Achille Lauro spiega ad Avvenire le sue ragioni, smentendo categoricamente che la sua Rolls Royce, un originale rock ’n ’roll anni 50 mescolato al trap, sia un inno alla droga. L’accusa è stata lanciata da don Mazzi a Striscia, che ha dimostrato che Rolls Royce è il soprannome di una pastiglia di ecstasy che reca quel marchio stampato. Ed è arrivata anche la bocciatura pesante della canzone da parte del ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Penosa e pietosa. Come immagine, musica e testo». Senza contare la denuncia per plagio di una band, che ha portato la Sony a tutelarsi con una perizia che smentirebbe l’ipotesi. E pure la direttrice di Rai 1, Teresa De Santis, ha annunciato che la Rai sta analizzando il testo del brano. Che, in effetti, cita una serie di miti dello spettacolo di tutte le epoche dalle vite bruciate presto, come Marylin Monroe, Elvis, Amy Winehouse, Jimy Hendrix, facendo il verso alla Vita spericolata di Vasco, per poi però finire con una preghiera: «Dio ti prego salvaci da questi giorni / tieni da parte un posto e segnati sti nomi».


Il sospetto che gigioneggiasse sul filo del rasoio dell’ambiguità c’è stato. La prova del nove sarà il prossimo album in uscita ad aprile. Però, il 28enne romano Lauro de Marinis, una vita spericolata l’ha avuta davvero, è stato uno spacciatore e ha avuto problemi seri di droga come si evince dal documentario Achille Lauro N° Face 1, regia di Sebastiano Bontempi, e nel romanzo autobiografico per Rizzoli Io sono Amleto, dove tra poesia e durezza racconta di un padre con cui ha fatto pace da poco, di una madre credente, che legge tutte le mattine una pagina del Vangelo a lui e al fratello e che è impegnata con la parrocchia di San Frumenzio a Montesacro e da cui Lauro ha ereditato una interessante vena misticheggiante che si ritrova nei suoi testi. «Io sono figlio di persone perbene – ci racconta –. Mia madre era impegnata nel volontariato, contro la prostituzione, nell’adozione: io e mio fratello abbiamo vissuto con altri bambini in difficoltà che provenivano da varie case famiglia. Ho bei ricordi del campetto dell’oratorio e del catechismo. Il rapporto con la fede? Io credo in qualcosa e non nel caso… Sono andato via di casa a 14 anni e ho vissuto con mio fratello di 19 che ha iniziato a fare il produttore musicale. Sono cresciuto in un contesto difficile, ma grazie all’impegno e alla dedizione siamo riusciti a crearci un lavoro dal nulla». E oggi «lancio ai giovani un messaggio contro le droghe pesanti – aggiunge pur restando su posizioni non condivisibili sulla marjuana – dicendo che per riuscire nella vita occorre impegnarsi in qualcosa. A me è successo con la musica».


«La droga è presente in tutti gli ambienti, dal mondo dello spettacolo alla periferia» ammette. Così ora sta organizzando proprio sul tema della pericolosità della droga incontri nelle scuole, coi ragazzi delle comunità e delle carceri che gli scrivono. E allora, davvero, Rolls Royce non ammicca alle droghe, gli chiediamo? «Io non ho mai usato la droga pesante come bandiera, chi esalta questi aspetti vuol dire che non li conosce. Tutti i miei amici di infanzia hanno problemi, non solo legali ma anche di dipendenza, e dietro alle dipendenze per il 90 per cento ci sono dei vuoti e delle solitudini da colmare… In Rolls Royce io canto che preferisco piangere sul sedile di una Rolls Royce piuttosto che su quello del metro citando semplicemente artisti che sono icone dello spettacolo. E termino con una preghiera a Dio che è una richiesta di aiuto. La vita è una cosa seria, a 28 anni sono arrivato alla svolta: tutti abbiamo bisogno che qualcuno si prenda cura di noi».