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Ucraina. La guerra non ferma l'opera e la danza. Per il pubblico il rifugio nel teatro

Giacomo Gambassi, inviato a Kiev mercoledì 26 aprile 2023

«Guerra! Guerra! Sterminio all’invasor». L’applauso si alza quasi spontaneo mentre il coro dell’Opera di Kiev canta la vittoria. È quella dell’esercito egiziano sugli etiopi secondo il libretto di Aida. Ma nel teatro della capitale la vittoria resa immortale dalla musica di Giuseppe Verdi diventa un auspicio di quella dell’Ucraina sullo «straniero» russo. Sotto le bombe anche il capolavoro del “cigno di Busseto” assume tutt’altro significato. E si trasforma in un inno alla gloria della propria nazione assalita dalle truppe di Mosca, che conquista gli spettatori. Anche se pochi istanti prima che cominci la marcia trionfale la sala è costretta a svuotarsi. «Il pubblico è pregato cortesemente di recarsi nel rifugio», annuncia una voce registrata che congeda l’orchestra. È scattato l’allarme antiaereo sulla metropoli. E anche il teatro deve fermarsi.

Gli spettatori del teatro dell'Opera di Kiev nei sotterranei dei guardaroba trasformati in rifugio durante un allarme missilistico - Gambassi

Tutti ne sono consapevoli quando acquistano il biglietto. «Occorre seguire le indicazioni», prosegue l’annuncio. Si trovano sulle porte della platea, lungo i corridoi, nelle scalinate dove la parola “rifugio” torna di continuo come fosse la ripetizione in una partitura. E i cartelli portano al guardaroba nel seminterrato che la guerra ha trasformato nel bunker contro i razzi. La salvezza del pubblico. E anche del teatro. «Non avremmo potuto riaprire se non avessimo trovato un luogo sicuro come riparo», racconta Dina Sazonenko, vice direttrice del corpo di ballo.

Gli spettatori del teatro dell'Opera di Kiev nei sotterranei dei guardaroba trasformati in rifugio durante un allarme missilistico - Gambassi

Nessuno si scompone per la sirena che dall’esterno arriva fin dietro le quinte. Le code per scendere sottoterra sono ordinate, senza alcun accenno di panico. In mezzo agli appendiabiti una seconda platea accoglie il pubblico. C’è chi apre un libro che si è portato con sé; chi commenta l’esecuzione; chi cerca sul cellulare le ultime notizie sugli eventuali attacchi. Ci vorrà mezz’ora prima che l’opera riprenda. «Ma il pubblico ha aspettato anche quattro ore», ricorda Sazonenko. È accaduto il 31 dicembre quando Kiev è stata bombardata con missili e droni kamikaze in più punti. «L’ultimo giorno dell’anno è tradizione proporre il balletto. C’erano anche molti bambini in sala. Poco dopo l’allarme, abbiamo sentito le esplosioni dal sottosuolo. Assieme al pubblico rintanato sono rimasti i ballerini con i costumi di scena che hanno intrattenuto soprattutto i più piccoli. Quando è finito lo stato d’allerta, pensavamo che la gente volesse tornare a casa. E invece sa che cosa è successo? Ci hanno chiesto di riprendere lo spettacolo. E lo abbiamo fatto». Nel suo ufficio una locandina racconta la tournée dell’estate di guerra in Giappone. «La gente ha bisogno di non venire schiacciata dal conflitto. E nell’arte trova un’occasione di ricarica e una sorgente di speranza».

Il pubblico all'ingresso del teatro dell'Opera di Kiev - Gambassi

Sulla facciata del teatro lo striscione di cinque metri annuncia il titolo che andrà in scena venerdì. È La Bayadere, pietra miliare del balletto russo. Sembra quasi una provocazione proporre nel Paese invaso dall’esercito di Putin la perla firmata dal coreografo d’origine francese Marius Petipa che era stato primo maître del balletto imperiale a San Pietroburgo dove la sua creazione aveva debuttato. «Ma La Bayadere occupa un posto speciale nella storia della danza del nostro Paese. È il titolo fondativo del balletto di Kiev che lo aveva scelto per il suo esordio nel 1926. E poi è stata l’ultima rappresentazione su cui si è alzato il sipario prima dell’inizio della guerra nel febbraio dello scorso anno», ripercorre la vice direttrice. C’è molto di ucraino e niente del Russkiy mir, del mondo russo, nelle scelte del maggiore teatro della città che vive anche sotto i raid con cui fanno i conti Kiev e la sua regione. «Teniamo accesa la luce della cultura nella notte del male e della distruzione - sostiene Sazonenko -. Il nemico vuole cancellare la nostra identità e noi la preserviamo anche portandola sul palcoscenico». Nonostante la paura e i pericoli.

Gli applausi alla fine del balletto "Giselle" dei 450 spettatori ammessi alle rappresentazioni dell'Opera di Kiev - Gambassi

​È la storia dell’Opera di Kiev quella che va in scena ogni fine settimana, nei quattro spettacoli in programma fra il venerdì e la domenica. Il suo repertorio di decine di produzioni della lirica e del balletto. «E ogni volta c’è il tutto esaurito», ripete con orgoglio la vice direttrice. Significa 450 spettatori a rappresentazione. «Non sono certo i 1.600 che il teatro può contenere. Però è il massimo consentito per ragioni di sicurezza». Ossia, in base alla capienza del rifugio.

La sala del teatro dell'Opera di Kiev con i 450 spettatori ammessi alle rappresentazioni - Gambassi

L’orchestra ha organici ridotti: una cinquantina di musicisti in tutto. Ma fra buca e palcoscenico sono un centinaio gli artisti e le maestranze impegnate in ciascuna esibizione. Comprese quelle che all’Opera di Kiev hanno vissuto le prime settimane di guerra. «Erano in particolare i dipendenti che abitavano nelle cittadine intorno alla capitale occupate dall’esercito russo, come Bucha o Irpin. Qui hanno alloggiato fra camerini, sale prove, uffici, depositi».

Il palcoscenico dell'Opera di Kiev durante le prove del balletto "Giselle" - Gambassi

Con il conflitto il corpo di ballo è lievitato. «Si è arricchito di interpreti arrivati dai teatri dell’Ucraina che non hanno ancora ripreso la loro attività», sottolinea Sazonenko. A Kiev la riapertura risale a maggio, una volta finito l’assedio della città. Con un cartellone epurato dai titoli russi. «Quando abbiamo chiesto ai nostri ballerini se volevano cimentarsi nel Lago dei cigni di Cajkovskij, ci hanno detto che non se la sentivano». Comprensibile soprattutto se una stella dell’Opera di Kiev è stata uccisa al fronte: l’ex primo ballerino Oleksandr Shapoval. Nel foyer le sue fotografie compaiono in una sorta di memoriale collocato fra gli scatti storici dei divi passati da qui.

Nel teatro dell'Opera di Kiev l'omaggio al ballerino-soldato Oleksandr Shapoval ucciso al fronte a settembre. Nella foto i colleghi Yuriy Korobchevsky e Maksym Motkov - Gambassi

«Aveva voluto arruolarsi per via di suo nonno che era stato ammazzato durante la seconda guerra mondiale per difendere la patria», spiega Yuriy Korobchevsky, collega di Oleksandr per due decenni e suo amico fraterno. È morto a 47 anni nella regione di Donetsk sotto i colpi di mortaio russi. «Era una figura carismatica ma al tempo stesso umile», aggiunge Maksym Motkov, anche lui ballerino a fianco di Sasha, come tutti continuano a chiamare Shapoval. «Abbiamo sostenuto la sua scelta anche in modo concreto, donando ai battaglioni abiti e un’auto. Ripeteva: “Io devo farlo”». Il suo camerino è un omaggio al talento del danzatore diventato soldato. «Anche il nostro teatro combatte per l’Ucraina - conclude la vice direttrice -: non in trincea, come ha fatto Sasha, ma sul fronte culturale. È la nostra resistenza davanti a chi non ci considera degni di esistere».

Nel teatro dell'Opera di Kiev il camerino del ballerino-soldato Oleksandr Shapoval ucciso al fronte a settembre - Gambassi