martedì 23 aprile 2024
Luciana ha superato il cancro alla mammella grazie all'équipe del Policlinico Gemelli. Attorno a lei, ricerca scientifica, competenza clinica, sensibilità umana. Fino alla maternità (e oltre)
Luciana con il marito Carlo e la figlia Matilde

Luciana con il marito Carlo e la figlia Matilde

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Il tumore può segnare nel corpo e nell’animo delle persone. Ma c’è una cura capace di attenuare anche le cicatrici più estese: è la terapia delle relazioni, quelle affettive, che danno amore e sollievo, e quelle associative, che diffondono la conoscenza e trasmettano le informazioni necessarie sui percorsi adeguati.

Per Luciana Carnabuci proprio le relazioni le hanno concesso di superare un tumore al seno arrivato quando aveva 26 anni. «L’ho scoperto da sola – ricorda – mentre ero sotto la doccia. Per fortuna mi sono allarmata subito, non ho tergiversato. Al Policlinico Gemelli ho fatto la prima ecografia, poi tutto il resto. Non avevo familiarità con questo tipo di tumore e mi ha sconvolto perché ero giovane».

L’incidenza della neoplasia alla mammella nella fascia fra i 25 e i 44 anni, secondo la Fondazione Airc per la ricerca contro il cancro, è cresciuta del 29% negli ultimi anni in Italia. «Non c’è un’età per iniziare i controlli», conferma Luciana che oggi ha 39 anni, è moglie di Carlo e mamma di Matilde, nata tre anni fa.

«Ora per fortuna è passato, ma le cose successe allora sono state tante. Ricordo di aver dormito tantissimo durante il periodo della chemioterapia che è stato il più brutto. Avevo paura perché non volevo perdere la mia vita. Accanto a me ho avuto la famiglia e gli amici che mi hanno capito. Alcuni di loro hanno pregato e sono stati in ospedale il giorno dell’intervento, vicini ai miei genitori, per ore. Anche sul letto dell’ospedale ho riso con loro e sono convinta che l’amicizia e la condivisione di quei momenti possa salvare».

Al Gemelli, Luciana è stata sottoposta a una mastectomia e a una ricostruzione immediata, durante la quale l’équipe chirurgica è intervenuta anche sull’altro seno, il destro (quello sano) per un risultato estetico naturale e simmetrico. «Non tutte le donne sanno che il percorso oncologico nel caso del tumore alla mammella si completa con la ricostruzione, che spesso avviene in contemporanea all’asportazione del tumore», spiega la professoressa Marzia Salgarello dell’unità di Chirurgia plastica e ricostruttiva del Policlinico Gemelli, che ha operato Luciana in collaborazione con i chirurghi senologi che hanno asportato il tumore. La professoressa è anche presidente della Beautiful after breast cancer Italia onlus, un’associazione nata nel 2015 che orienta le pazienti nella scelta della ricostruzione mammaria migliore.

«Offriamo informazioni e indirizziamo le donne presso le breast unit specializzate nel trattamento multidisciplinare del tumore alla mammella diffuse sul territorio. Inoltre ogni terzo mercoledì del mese di ottobre dedichiamo una giornata alla Breast reconstruction awareness, per diffondere la conoscenza e le possibilità di ricostruzione che sono notevolmente aumentate grazie al miglioramento delle tecniche che tendono a conservare i tessuti».

Così come altre donne, Luciana ha salvato sé stessa con quell’operazione, e a distanza di anni ha avuto la possibilità di diventare mamma e allattare sua figlia. «La chemioterapia e la menopausa indotta dalle cure ormonali non garantivano sul ritorno del ciclo e su una possibile gravidanza. Quando è arrivato l’ok alla fine delle terapie, ho iniziato a dialogare con il mio corpo, dandogli coraggio, ascoltandolo e assecondandolo. Del resto, prima del bello, c’è sempre un grande amore per sé stessi. Così la mia attesa più dolce è arrivata e naturalmente. Sapevo, da sempre, che sarei stata mamma di una bambina che si sarebbe chiamata Matilde. Quando è nata, sono riuscita ad allattarla per tre mesi dal seno destro, quello che non è stato asportato ma sottoposto a un intervento per renderlo più simile a quello ricostruito». Il ricordo del tumore arrivato a un’età così giovanile emoziona ancora Luciana: «Non riesco a scrollarmelo di dosso – riconosce –. Ogni tanto vorrei urlare. Raccontare a tutti ma dalla famiglia, dagli amici e dai medici ho sempre avuto grande sostegno e devo dire grazie al mio sorriso che non mi ha mai lasciato».

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