martedì 23 aprile 2024
Nel mese di aprile dedicato alla conoscenza della patologia che colpisce ogni anno 100.000 italiani una panoramica delle informazioni necessarie per sapere cos'è, come si può evitare e come si cura
Sintomi, prevenzione, terapie: cosa c’è da sapere sull’ictus

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Aprile è il mese della prevenzione dell'ictus cerebrale. Se fino al 90% di casi potrebbero essere prevenuti, si capisce l'importanza dell'iniziativa lanciata da A.L.I.Ce. Italia Odv, Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale, sempre in prima linea nella sensibilizzazione su questa malattia. I numeri parlano chiaro: nel nostro Paese, dove rimane prima causa assoluta di disabilità, circa 100.000 persone all'anno sono colpite da ictus, oltre 12 milioni lo sono nel mondo. Il Convegno nazionale dell'Associazione italiana ictus (ISA-AII) ha affrontato tutte le tematiche sulla patologia, dalla prevenzione alla cura sia nella fase acuta che in quella riabilitativa.

CHE COS'E' L'ICTUS CEREBRALE

Ictus letteralmente significa “colpo” (in inglese “stroke”) e indica un danno cerebrale persistente dovuto a cause vascolari: si interrompe il flusso di sangue al cervello per ostruzione o rottura di un’arteria e i neuroni, privati dell'ossigeno anche solo per pochi minuti, cominciano a morire. Proprio come un attacco di cuore, l'ictus può colpire all'improvviso, anche senza preavviso o dolore. I sintomi sono diversi a seconda della zona di cervello danneggiata: possono accadere paralisi o paresi di uno o entrambi gli arti, minore sensibilità agli arti, bocca storta, non riuscire a vedere bene, mancanza di equilibrio, fatica nel parlare, mal di testa violento e localizzato. In questi casi, occorre intervenire subito chiamando il 118 perché l'intervento tempestivo può contenere la lesione.

DATI SULLA MALATTIA

L'ictus cerebrale in Italia è la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Tra nuovi casi e recidive, i numeri annui sui casi in Italia arriva a 150.000. Circa il 20% delle persone colpite per la prima volta muore entro un mese, un altro 10% entro il primo anno. Del restante 70%, circa un terzo sopravvive con un grado di disabilità elevato, un terzo con disabilità lieve o moderata e un terzo più o meno senza danni permanenti. L'incidenza di ictus aumenta con l'età, e il sesso maschile è lievemente più colpito, specie nelle fasce di età più giovani. Dopo i 65 anni l’incidenza è la stessa nei due sessi.

FATTORI DI RISCHIO E PREVENZIONE

«I fattori di rischio appartengono a due tipologie – spiega Danilo Toni, direttore dell'Unità di Trattamento neurovascolare del Policlinico Umberto I di Roma e presidente del Comitato tecnico scientifico di A.L.I.Ce. –. I primi sono quelli non modificabili, come età, obesità, sesso, etnìa, ereditarietà ecc., i secondi sono quelli modificabili, ed è assolutamente su questi che occorre intervenire». Si tratta dell'ipertensione arteriosa che, insieme alla fibrillazione atriale, costituisce il principale fattore di rischio per l’ictus, a seguire diabete mellito, ipercolesterolemia, fumo, cardiopatie – stretta è la correlazione tra cervello e cuore –, obesità, ridotta attività fisica, emicranie, i piccoli attacchi ischemici transitori detti T.I.A. da considerare come campanelli d’allarme. Spesso si tratta di circoli viziosi innescati dagli stessi fattori di rischio: ad esempio chi ha avuto un infarto cardiaco ha un rischio maggiore anche di ictus, perché ipertensione, ipercolesterolemia ecc. predispongono a entrambi. Chi è affetto da fibrillazione atriale vede aumentare di 4 volte il rischio.

COME INTERVENIRE

Fondamentale risulta tenere sotto controllo la fibrillazione atriale, la pressione arteriosa, colesterolo, glicemia e non fumare, non consumare alcolici in eccesso, non fare uso di droghe, svolgere un’attività fisica moderata e costante, seguire una dieta sana ed equilibrata riducendo il sale negli alimenti, monitorare il proprio peso. «L'ictus non è più solo una malattia delle fasce più avanzate di età – precisa Toni –. Negli ultimi 15 anni, infatti, è stato visto che la fascia 40-59 anni si è posizionata in termini di fattori di rischio vascolare ai livelli di quelle più avanzate per il cambiamento degli stili di vita, eppure basterebbe seguire poche e semplici indicazioni. È importante, dunque, fare prevenzione fin dalla giovane età, informare, ad esempio, nelle scuole ma anche nelle strutture che ospitano gli anziani».

LE TERAPIE

Gli approcci terapeutici per l'ictus ischemico, che interessa l'80% dei casi e si genera quando all'interno di una arteria cerebrale si forma un coagulo di sangue, sono la trombolisi farmacologica, dove il coagulo si scioglie grazie all'azione di farmaci, e la trombectomia meccanica che utilizza invece tubicini metallici (“stent”) che vengono introdotti nel vaso per liberarlo. Grazie a questi approcci, separatamente o insieme, sono fortemente diminuiti sia la mortalità che gli esiti d'invalidità. Le cure per l'ictus emorragico, che si verifica quando un punto del vaso si rompe e il sangue si accumula nel tessuto cerebrale circostante, sono invece meno specifiche, ma è fondamentale applicare quanto prima al Pronto soccorso un pacchetto di misure quali il controllo della pressione arteriosa, livelli di glicemia e febbre, oltre a a bloccare l’effetto di un’eventuale terapia anticoagulante.

LA RICERCA

I fronti più avanzati della ricerca sull'ictus riguardano la neurogenesi endogena, ovvero la possibilità di lavorare con precursori neuronali già presenti nel cervello per studiare come attivarli, con opportuna stimolazione, fino alla formazione di nuove cellule. Rispetto all'ambito della medicina rigenerativa, fino ad oggi la ricerca sulle cellule staminali esogene ha mostrato per lo più un effetto antinfiammatorio piuttosto che riparativo in senso stretto della lesione ma gli studi continuano. «Rimangono alcune criticità da superare per una corretta gestione della malattia e dei suoi esiti – conclude Toni –. L'accesso alle cure e ai trattamenti riabilitativi non è uniforme in tutto il Paese anche se ci sono stati miglioramenti, né viene garantita la possibilità di fare un follow up continuativo, con un counseling ambulatoriale che segua adeguatamente il paziente nel tempo».
Tutte le informazioni su www.aliceitalia.org.

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