lunedì 29 aprile 2024
Negli anni, tra espressioni del volontariato per la vita e istituzioni si è stabilito un dialogo fattivo per spostare l'attenzione su come aiutare le donne. Ma ora le polemiche mettono a rischio tutto
Un colloquio in un Centro aiuto alla Vita tra una volontaria e una mamma immigrata in attesa

Un colloquio in un Centro aiuto alla Vita tra una volontaria e una mamma immigrata in attesa - -

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La Federazione dei Movimenti per la Vita dell’Emilia Romagna si è detta sconcertata per il “no” della Regione alla collaborazione con il terzo settore nell’applicazione della legge 194, perché esiste un complesso lavoro di confronto e anche di collaborazione in questo campo, che parte già dal 2006.

La Federazione risultava allora formata da una sessantina di associazioni (Centri di aiuto alla Vita, le Case di Accoglienza, i Movimenti e persino una Cooperativa dove le mamme arrivate al Cav potevano imparare un lavoro e trovare una occupazione), tutte con contatti più o meno diretti con le strutture sanitarie (Ospedali o Consultori) e con quelle assistenziali, pubbliche e private.
Tra le esperienze spiccava il lungo e proficuo lavoro di Forlì: la collaborazione tra Comune, Sanità e Sociale aveva prodotto uno studio accurato della realtà territoriale ed era sfociata in un protocollo per la piena applicazione della legge 194 con la prevenzione dell’aborto, come previsto dagli articoli 2 e 5. A un convegno della Federazione sui trent’anni della legge intervennero gli attori del protocollo. La novità più importante era l’approccio “sociale” e non sanitario al problema. FederVita Emilia-Romagna incontrò anche gli assessori regionali alla Sanità e al Welfare per chiedere una estensione del Protocollo di Forlì al resto della Regione, proprio sulla base dei risultati ottenuti: si passava da un 2% a un 9-11% di donne che non procedevano nel percorso abortivo dopo il primo colloquio. Cambiava l’approccio: la donna che chiedeva l’interruzione di gravidanza incontrava l’assistente sociale che la affiancava in un percorso di discernimento, inviandola, qualora la donna stessa l’avesse richiesto, alle associazioni di volontariato per l’accompagnamento della gravidanza e gli aiuti concreti.

Un corso di formazione per mamme immigrate in un Centro aiuto alla Vita dell'Emilia-Romagna

Un corso di formazione per mamme immigrate in un Centro aiuto alla Vita dell'Emilia-Romagna - -

Arrivò poi la delibera di Giunta regionale (Dgr) n. 1690 del 20 ottobre 2008 “Linee di indirizzo per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza nell'ambito dei piani di zona per la salute ed il benessere sociale”, documento che stabiliva di avvalersi «anche della collaborazione di idonee formazioni sociali di base e di associazioni di volontariato presenti sul territorio». La Federazione lavorò a un incremento della rete di sostegno: si realizzarono percorsi di formazione e si intensificarono i rapporti con il mondo del volontariato (Associazione Papa Giovanni XXIII, Caritas, San Vincenzo). Nel novembre 2009 l’assessore Bissoni così concluse il convegno regionale sui 30 anni della 194: «Abbiamo operato trent’anni per l’aborto, ora lavoriamo per la prevenzione». Dalla Regione arrivò anche il via libera alla pubblicizzazione del numero verde Sos-Vita 80013000 nelle strutture sanitarie.

La questione tornava ai territori, e in effetti si registrarono maggiori collaborazioni col volontariato sociale e un certo incremento delle scelte a favore della nascita, nonostante permanessero difficoltà locali, tra volantini strappati o nascosti e indifferenza, quando non aperta ostilità. Altra eccellenza nel campo ospedaliero fu in quegli anni “Scegliere di scegliere”, lanciata a Carpi dal prof. Masellis. Non erano pochi i medici che si erano resi conto di come la pratica dell’aborto fosse usata come contraccettivo, contravvenendo alle disposizioni della legge stessa. Sono poi intervenuti problemi contingenti (dal terremoto 2012 alla pandemia Covid 19) e scelte specifiche (dall’introduzione della Ru486 ai percorsi nascita) a portare cambiamenti significativi allo scenario, ma non nell’azione dei Cav, cresciuti di numero e di competenza: in questi anni ci si è occupati, da soli o in collaborazione col servizio pubblico, di diverse migliaia di nuclei familiari, di madri sole, di vittime di violenza, di adolescenti e anche di donne nel post aborto, accogliendo, sostenendo, consolando, proteggendo, collaborando.

Il clima attuale di scontro, non aiuta certamente le donne in difficoltà e non tutela nessuno. Ci auguriamo un tempo di maggiore serenità, comprensione e collaborazione, di tutela dei diritti e della vita di tutti, anche del concepito.


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