Premierato, c’è il nodo degli italiani all’estero
lunedì 22 aprile 2024
Per il 23 aprile il calendario della commissione Affari costituzionali del Senato prevede la conclusione dell’esame del disegno di legge sul premierato. Dopo di che il ddl andrà in Aula per la prima delle quattro deliberazioni conformi richieste dall’art. 138 della Costituzione. E la prima, com’è facile intuire, avrà una rilevanza decisiva per tutto il percorso. L’iter del procedimento di revisione costituzionale è ancora lungo, certo, ma si tratta comunque di un passaggio assai significativo. Il testo che arriverà all’assemblea dei senatori presenta molti aspetti a dir poco controversi, nonostante le correzioni apportate a quello licenziato dal governo in origine. Ce n’è uno, in particolare, che in apparenza sembra un dettaglio tecnico marginale ma invece tocca l’essenza stessa della riforma – vale a dire l’elezione del premier a suffragio universale e diretto – e che forse anche per questo non è stato affrontato dalla maggioranza in attesa di trovare una soluzione politicamente accettabile. Il nodo è il peso da attribuire agli elettori italiani all’estero, il cui diritto di voto per le Camere – ironia della sorte – è stato uno storico cavallo di battaglia del missino Tremaglia e di tutta la destra. Stiamo parlando di milioni di potenziali elettori che finora hanno eletto un esiguo numero di deputati e senatori: rispettivamente 8 e 4, dopo il taglio dei parlamentari. Ma in caso di elezione diretta del premier il voto di ogni cittadino – in Italia o all’estero – varrebbe uno e basta. Quindi gli italiani iscritti alle liste dell’Aire sarebbero in numero tale da incidere in misura determinante sul risultato finale. Anche a prescindere dalle polemiche sulla regolarità del voto estero che riemergono a ogni tornata, è un esito che nessuno può ragionevolmente desiderare. A sollevare per prima la questione nello scorso dicembre era stata Roberta Calvano, ordinario di diritto costituzionale all’Unitelma Sapienza, nel corso di una delle audizioni parlamentari sul premierato. Nel disinteresse generale di allora, Avvenire ne aveva riferito in questa rubrica (31 dicembre 2023). Progressivamente il tema ha trovato spazio nel dibattito, tanto che nei giorni scorsi la costituzionalista è stata nuovamente ascoltata in un ultimo giro di audizioni prima della conclusione dei lavori in commissione. Finora l’unico a individuare brillantemente una possibile soluzione è stato Peppino Calderisi, ex-parlamentare e uno dei maggiori esperti di sistemi elettorali. In buona sintesi, il “lodo Calderisi” prevede che sia eletto premier il candidato collegato alla lista o alle liste che conquistano più seggi (ovviamente oltre una certa soglia). Spostando il baricentro sui seggi, il peso del voto all’estero sarebbe identico a quello attuale. Ma tecnicamente non si potrebbe parlare più di elezione diretta e, vista l’enfasi ideologica che è stata posta su questa “bandiera”, per i sostenitori del premierato meloniano si aprirebbe un problema politico non da poco. Peraltro, chi immagina di poter sbrogliare la matassa a livello di legge elettorale – tema rinviato dalla maggioranza all’intervallo tra le prime due delibere sulla riforma – rischia di illudersi perché una risposta sostanziale ed efficace richiede un intervento di rilievo costituzionale. Il problema, quindi, va affrontato ora. © riproduzione riservata
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