In questi grigissimi tempi, si moltiplicano le dichiarazioni di intellettuali ed esperti che consigliano soluzioni, propongono strade nuove. A chi? A chi comanda, ma anche a chi sta sotto e dovrebbe ribellarsi, agire per imporre altre strade... I più utili quelli che sanno di scienza e di natura, ma che capiscono anche qualcosa di politica, di chi governa il pianeta e di come lo fa. È bene, è utile che si esprimano anche quelli che vengono da altri campi del sapere, e che, sulla scia di modelli lontani (per esempio e pur sempre il più attuale di tutti, quello del vecchio Kant), pensino a un futuro governo del pianeta che sappia osteggiare le tendenze in atto, frutto dell'avidità e della "banalità del male" che viene riproposta all'infinito da minoranze relative (per esempio, la finanza e i suoi milioni di addetti). Dimenticati i "manifesti" di ieri, le carte che, affermando nuove regole e nuovi poteri, dovrebbero guidare le lotte per la costruzione di una nuova società, dimenticate o superate nei fatti le grandi "utopie", lasciate da parte le grandi "regole universali" (che so? le Dichiarazioni dei diritti dell'uomo, la Carta di fondazione dell'Onu o dell'Unesco, i manifesti alla Bandung, i sogni di repubbliche universali...), di fronte alla crisi attuale i poteri e "le scuole di pensiero" che insegnano l'accettazione del mondo così com'è, della società come i potenti l'hanno voluta, c'è anche qualcuno che pensa ancora alla grande, vedendo che «l'umanità è al bivio». E osa proporre una «Costituzione della Terra»! Per una una Costituzione della Terra (Feltrinelli) è il titolo di un ambizioso saggio scritto da Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto, che si è fatto aiutare per stenderlo da amici come Raniero La Valle e altri, di varie idee, provenienze, competenze... E sì, si può anche vedere questo gruppo di preoccupati o spaventati studiosi con un briciolo d'ironia (chi metterà in pratica le cose che propongono, chi lotterà per dar loro vita come accadeva nelle rivoluzioni del passato?) come una sorta di dickensiano Circolo Pickwick del nostro tempo, di idealisti «sconcreti», come chiamava Salvemini tanti intellettuali del suo tempo, dimenticando che è dal progetto di una società più giusta che sono partite tante rivoluzioni, e che questo progetto è oggi più necessario che mai. È facile irridere i filosofi; e penso all'accanimento con cui bande di sciocchi trattano su internet e su giornali un filosofo come Agamben, colpevole di dire quel che pensa dell'adesione beota dei più ai progetti del Capitale e dei Poteri che lo servono. È facile chiedere concretezza per imporre l'accettazione del mondo così come vuole il Potere, ma sarebbe la concretezza degli schiavi - avrebbero detto Socrate e Gobetti...
Ben vengano dunque i Ferrajoli e le loro oneste, necessarie astrazioni; e si ritorni a pensare in grande, se si vuole agire di conseguenza.
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