Milano, inverno 1990 - Sotto ai binari della Stazione Centrale c'è un androne enorme e semibuio. A sera, allineate sul cemento, decine e decine di brande; tutte, però, con le lenzuola ben ravviate. Una Madonna in fondo, e un Crocefisso. Fuori, ogni sera, in coda, quelli che la città non vuole: clochard, irregolari, sbandati. Nel suo Rifugio fratel Ettore - un vecchio camilliano santo e matto, dicono a Milano - come il pescatore della canzone di De André non fa domande, ma sfama e dà un letto a tutti. Stasera eccolo che arriva con un manipolo di profughi sbarcati da chissà dove. La notte è sottozero, e le coperte non bastano. Lui non sembra preoccupato. Poco dopo vedo fermarsi in via Sammartini un furgone. «Volete delle coperte usate, ma pulite?» domanda, senza scendere, l'autista. Trenta vecchie preziose coperte di lana, da chissà dove. Il volontario alla porta sorride del mio stupore: «Qui va così. Se ci manca il pane, o la pasta, prima di cena, non si sa come, da qualche parte arriva».Sopra di noi i viaggiatori del Pendolino non immaginano nemmeno, chi c'è qui sotto: la Provvidenza, che si presenta sotto l'apparenza dimessa di un furgone di panificio, o droghiere. Scarica in via Sammartini,: poi si confonde, anonima, nel traffico della sera.
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