Carlo Alberto Conte era un giovanissimo atleta padovano. Domenica scorsa, a Vittorio Veneto, partecipava a una gara campestre (per la prima volta con i colori delle Fiamme Gialle) quando è rimasto vittima di un malore, dal quale non si è più ripreso. Le cronache relative alla sua morte improvvisa che si incontrano in Rete danno molto spazio, finora, all'elaborazione del lutto che si sta celebrando all'interno della comunità sportiva: dal minuto di silenzio che oggi viene osservato in tutte le gare alla bella lettera che il campione olimpionico Marcell Jacobs (lui pure Fiamme Gialle) ha rivolto alla famiglia ( bit.ly/3GdIRea ). Ma, come riferisce il sito de "Il Mattino di Padova" ( bit.ly/3ugptv3 ), anche la comunità ecclesiale, in attesa che martedì 1 febbraio si celebri il funerale nella basilica del Santo, si è stretta intorno alla famiglia, con quotidiani momenti di preghiera partecipati innanzitutto da compagni di classe e amici.
Sulla notizia della morte di Carlo Alberto si è soffermata, con un post per "Aleteia" ( bit.ly/3rbTLNo ), Annalisa Teggi. Una domanda della figlia piccola intorno al Paradiso l'ha «svegliata», dice, dal quotidiano rincorrere «le famigerate cose da fare» e le ha fatto rileggere in chiave escatologica la corsa che il bambino stava facendo: «Quale traguardo ci indica davvero questo ragazzo che si è accasciato troppo presto?». La risposta è nella «fede robusta» della madre, di cui riporta la dichiarazione: «Quando si ha fede, anche la morte diventa un atto d'amore. Nostro figlio ora è in Paradiso, vicino alla Madonna, nella luce e nella pace». Siamo «agitati nelle nostre corse quotidiane», conclude Teggi, «ma proprio perché il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te. Lo slancio e l'energia non sono per "portare a casa il risultato". La fatica e i cedimenti non sono "giornate nere". Tutto tende a quel vero incontro che sbroglierà matasse, asciugherà sudori, ci metterà in pace una buona volta».
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