venerdì 8 gennaio 2010
Tengo d'occhio i miei Guardiola dall'inizio del campionato e oggi, a un passo dal giro di boa, posso fare il punto su Ciro Ferrara e Leonardo con elementi probanti alla mano esaltati dai loro successi, così importanti quanto differenti, nell'anomalo turno epifanico.
Il Guardiola della Juve ha ancora molta strada da fare, molto calcio teorico e pratico da masticare, e tuttavia ha già raggiunto un risultato da "mister": trovare sul campo - e nel momento decisivo, quando l'ombra di Hiddink si faceva più minacciosa - la solidarietà dei giocatori, vorrei dire dei "colleghi", visto che fra Ciro e Salihamidzic ci son solo dieci anni di differenza. Ho citato apposta il bosniaco, il cui soprannome è tutto un programma: Brazzo, ovvero Fratello. E da fratellone il difensore/centrocampista s'è improvvisato goleador, inutilmente col Catania, felicemente col Parma.
Alla sola idea di finire sotto le grinfie di Guus detto anche l'Olandese Volante (da un nido all'altro, scacciandone gli occupanti) i bianconeri si sono impegnati a vincere a Parma senza seguire alcun copione, senza moduli o schemi preventivamente battezzati, e ci son riusciti senza mai tirare in porta ma affidandosi alla testa di Brazzo e a quella del crociato Castellini, perfetto emulo di Niccolai. C'è di più: Ciro ha trovato l'alter ego sul campo in Chiellini, l'unico juventino che gioca ancora... da Juve, ovvero come se ogni partita fosse la finale della Champions. Se Blanc è uno che sa di calcio - del che dubito assai - può trarre molte indicazioni utili dalla vittoria di Parma; e in ogni caso può farsi aiutare da Bettega a capire quel che vado dicendo da mesi: che uno come Ferrara va protetto, aiutato, anche corretto, non (s)fiduciato ogni settimana.
L'Alta Protezione di Berlusconi & Galliani concessa al Guardiola rossonero invece mi ha indotto a credere in Leonardo, il tecnico più originale che il nostro calcio abbia partorito dopo Sacchi. Ma mentre l'Arrigo reinventava il gioco più bello del mondo drammatizzandolo con il pressing, truccandolo con il fuorigioco e il fallo tattico e tuttavia ricavandone una disciplina d'alta quota frequentabile da campionissimi e non da maniscalchi, il giovane Leonardo ha riportato in auge il calcio-calcio che ha nelle vene perché pedatore - e grande - è stato, non commerciante. Campione del Mondo di un calcio felice, non profeta di un fondamentalismo pallonaro.
Sento e leggo molte fantasiose elucubrazioni sul Milan di Leonardo. Fidatevi: io lo conoscevo bene, quel futebol che Leo ha "bevuto" fin dalla nascita insieme al primo latte: è parente italianizzato del "calcio da Paradiso" del Bologna anni Sessanta, gli manca solo quel grano di sale tattico che ci metteva il Dottor Pedata Fulvio Bernardini. Ma verrà, verrà... E intanto, il Milan è divertente, è bello. Di giorno e di notte. Che pranzo, se ce l'avessero messo in tavola, mercoledì, al posto dell'Inter.
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