Amare i fragili, così la cura diventa riflesso del volto di Dio
martedì 30 aprile 2024
Curare la cura, far crescere la cultura della mano tesa, dell’accompagnamento dei più fragili, dell’amore per chi non ha ricevuto amore. Sono questi alcuni dei capisaldi dell’eredità di san Giusepe Benedetto Cottolengo. La sua opera, nata per dare speranza a quei malati e sofferenti di cui nessuno voleva prendersi cura, vide la partecipazione di figure e competenze diverse, messe insieme dall’impegno profetico di un sacerdote, che ebbe una vera e propria “chiamata nella chiamata”. Nato a Bra (Cuneo) il 3 maggio 1786, Cottolengo, dopo un difficile percorso di studi a causa delle restrizioni napoleoniche, divenne prete nel 1811. Tra il 1814 e il 1816 riprese gli studi e si laureò; nel 1818 entrò nella congregazione dei Canonici del Corpus Domini. Piano piano l’inquietudine interiore lo spinse verso la sua “seconda chiamata”: il 2 settembre 1827 fu chiamato ad assistere una donna incinta, tubercolotica, che nessuno aveva voluto curare. Morì lei e anche la sua bimba, nata prematura. Da quell’esperienza nacque l’urgenza di prendersi cura di tutti coloro che nessuno curava, era l’inizio della Piccola Casa della Provvidenza (www.cottolengo.org), prima in centro a Torino, poi a Valdocco, e di tutte le numerose congregazioni legate a questa realtà. Il fondatore morì a Chieri il 30 aprile 1842. È santo dal 1934. Altri santi. San Pio V (Antonio Ghislieri), Papa (1504-1572); san Giuseppe Tuan, martire (1821-1861). Letture. Romano. At 14,19-28; Sal 144; Gv 14,27-31. Ambrosiano. At 22,23-30; Sal 56 (57); Gv 10,31-42. Bizantino. At 12,25-13,12; Gv 8,51-59. t.me/santoavvenire © riproduzione riservata
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