Nella situazione generale di diminuzione del credito, l'agricoltura pare essere l'unico comparto nel quale l'erogazione di prestiti cresce: +2% stando agli ultimi dati resi noti da Banca d'Italia. È il segno di una dinamicità – oppure di una maggiore solidità economico-finanziaria – che questo settore ha nei confronti del resto dell'economia. Un buon segno, che va tuttavia ragionato e analizzato con attenzione.Partiamo da qualche numero certo. L'ammontare complessivo del credito al settore agricolo – dice la Coldiretti – è pari a circa 43,2 miliardi di euro e mentre, come si è detto, il credito generale a novembre è diminuito dell'1,5% su base annua, quello al settore è cresciuto. I problemi, tuttavia, sono almeno due. Prima di tutto, stando all'analisi svolta proprio dai coltivatori diretti, è cresciuto più che altro il credito cosiddetto "a breve" a scapito di quello di "lungo periodo". Che, detto in altre parole, significa una sola cosa: le imprese hanno chiesto soldi alle banche per sostenere le loro esigenze di liquidità o di cassa, oppure per acquistare materie prime di immediato consumo; meno risorse sono state richieste, e quindi impiegate, per finanziarie gli investimenti strutturali delle imprese, quelli che, alla lunga, determinano le effettive possibilità di crescita del comparto. In altri termini, le banche hanno ancora una volta dato fiducia alle aziende agricole (forti dei loro capitali immobilizzati), ma queste non pare riescano a crescere strutturalmente come si dovrebbe fare. Poi c'è un altro problema: le maggiori difficoltà di accesso alle risorse delle banche si registrano per le imprese condotte da giovani sotto i 30 anni che oggi sembra (secondo una indagine Coldiretti/Swg), abbiano la metà delle possibilità di ottenere finanziamenti rispetto alle aziende condotte da imprenditori agricoli più anziani. Si tratta evidentemente di una questione pesante, visto che per esempio, come ha evidenziato la Cia-Confederazione italiana agricoltori, solo i costi burocratici per avviare un'impresa agricola arrivano a circa 7mila euro. Insomma, all'agricoltura si dà fiducia, ai giovani agricoltori molto meno. E ha anche ragione Confagricoltura nel sottolineare che «per far ripartire il mercato del lavoro nel nostro Paese bisogna investire in agricoltura, un settore vitale, innovativo, con grandi potenzialità di crescita e nuove opportunità per i giovani». Proprio quelli che, come già tante volte è stato sottolineato, pare siano più in grado di altri di dare vita ad imprese agricole più dinamiche e competitive. Anzi, secondo i coltivatori, di fronte alle crescenti difficoltà economiche ed occupazionali, l'aumento dei giovani che decidono di scommettere in proprio sul futuro con l'apertura di attività imprenditoriali a anche agricole dovrebbe essere preso come un «segnale incoraggiante» da sostenere e, è il caso di dirlo, coltivare.
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