Cos'è la libertà che i ragazzi invocano e che ieri hanno represso
venerdì 10 maggio 2024

E dire che si era appena iniziato a parlare proprio di libertà. Della libertà di scegliere di mettere al mondo figli per realizzare un desiderio. Nonostante la corsa ad ostacoli che per una giovane famiglia ciò comporta. E di come rimuoverli, quegli ostacoli, i quali hanno a che fare con una fiscalità non ancora universalmente premiante, riguardano l’accesso troppo spesso proibitivo alla casa, le dimissioni forzate, i contratti precari o mal retribuiti, la difficile conciliazione famiglia-lavoro… Per questo un gruppo di mamme e papà insieme a tantissimi giovani – non una forza politica, non il governo, ma la società civile, il Terzo settore – organizza da 4 anni gli “Stati generali della natalità”.Per ascoltare e ragionare - liberamente - del nostro futuro, insieme a una platea in cui siedono centinaia di ragazzi.

Ecco perché lo sparuto gruppo di studenti che per manifestare dissenso ha impedito alla ministra Eugenia Roccella di parlare – oltre a commettere un atto incivile e incostituzionale, come ha opportunamente stigmatizzato il presidente Mattarella – ha inferto soprattutto una ferita alla libertà che è il fondamento della natalità. La stessa libertà che viene danneggiata sempre quando si impedisce a qualcuno di esprimere il suo pensiero. In democrazia è un valore non negoziabile: tutti hanno diritto anzitutto di essere ascoltati. A un convegno, nelle aule universitarie, durante una kermesse culturale. Ed è la stessa ragione per cui gli organizzatori hanno voluto garantire anche a chi contestava la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, colta con la lettura di un comunicato dal palco. Ma poi diventata una risposta intollerante, di chiusura totale, al punto che oltre alle parole impedite alla ministra, i manifestanti non hanno voluto ascoltare nemmeno quelle pronunciate nonostante tutto da Jessica Barcella, una mamma che raccontava la sua esperienza, e dal presidente del Forum delle famiglie, Adriano Bordignon. Finendo così per riprodurre loro stessi quell’atteggiamento dal sapore “repressivo” per non usare altre parole, al quale, nelle intenzioni, dichiaravano di opporsi.

Avrebbero raggiunto però un secondo obiettivo, i pochissimi contestatori, se tutta l’attenzione ora fosse catturata dall’episodio passivamente aggressivo, dimenticando così proprio il tema della natalità. Con il rischio di perdere l’ennesima occasione per affermare che – se c’è un’urgenza per il nostro Paese da affrontare de-ideologizzandola, liberandola dalle faziose strumentalizzazioni – è proprio quella dell’inverno demografico e delle sue drammatiche conseguenze. Sciogliere i nodi che portano spesso al rinvio e alla rinuncia della scelta di avere figli, infatti, consentirebbe non solo di contenere gli squilibri tra vecchie e nuove generazioni, ma sarebbe pure il presupposto per ridurre le diseguaglianze sociali di cui proprio i giovani sono oggi le prime vittime. Per affrontare questa sfida, c’è bisogno di mettere insieme i pezzi, non di sterili arrocchi. È necessaria un’attenzione costante. Serve una sintesi, non una contrapposizione ideologica.

Il discorso sulla natalità liberata comprende quello sulla maternità e la paternità, sull’affido e l’adozione, sull’educazione e sulla cittadinanza, che resta tuttora un miraggio per gli 870mila studenti stranieri che frequentano scuole e università e nella stragrande maggioranza sono nati in Italia. Di questo bisogna poter parlare. Questo anche i contestatori agli Stati generali della natalità, liberi di esprimere in maniera non violenta il loro dissenso, avrebbero avuto il dovere civile di ascoltare. Per di più nel loro interesse.

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