mercoledì 22 maggio 2024
Oggi sono molte le ragioni per dar credito a quanto afferma il 98% degli scienziati del mondo in relazione al «climate change»
Il riscaldamento climatico è una bufala? La nostra risposta a un lettore

IMAGOECONOMICA

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"Avvenire" afferma che il 2023 è stato l’anno più caldo degli ultimi 2.000 anni. Noi che abitiamo sul lago di Como affermiamo che durante l’estate 2023 abbiamo attivato il nostro condizionatore soltanto in tre giornate non consecutive dal mese di giugno a settembre; negli anni precedenti, invece, il condizionatore dovevamo attivarlo per settimane consecutive, con notevole aggravio delle spese energetiche. Appare evidente che è poco scientifico quello che viene raccontato sull’anomalo riscaldamento della terra quando empiricamente risulta il contrario. Francamente noi abbonati ci attendiamo dal nostro giornale che non vengano considerate delle ipotesi come certezze scientifiche; infatti, il mondo scientifico, in proposito, non ha affermato a oggi certezze assolute in modo unanime.
Grazie per l’attenzione e buon lavoro
Gianmario Brenna


Gentile signor Brenna,

i suoi dubbi sono legittimi e non sorprendono. Quando su “Avvenire” pubblichiamo un articolo in tema di riscaldamento globale e cambiamento climatico capita spesso che lettori ci scrivano per esprimere le loro perplessità. Il disorientamento è comprensibile: l’esperienza personale può apparire in contrasto con quanto riportato dalla comunità scientifica e dalle istituzioni internazionali. Nel rispondere a Lei, su incarico del direttore, colgo dunque l’occasione per replicare a molte delle domande che ci vengono poste.

Come può lo scorso anno essere stato il più caldo della storia se a casa mia ha fatto più fresco del solito? Come mai c’è una strada romana sotto un ghiacciaio alpino? Perché si parla di emergenza siccità se piove da giorni?

Come dicevamo, si tratta di interrogativi sui quali vale la pena riflettere serenamente. Dunque, premesso che la Terra nei suoi 4,5 miliardi di anni ha già conosciuto varie estinzioni di massa delle specie viventi, a causa di eventi naturali e non per “colpa” degli esseri umani, e che tra qualche miliardo di anni l’evoluzione del sole renderà impossibile la vita sul nostro pianeta, oggi sono molte le ragioni per dare credito a quanto il 98% degli scienziati del mondo afferma in relazione al riscaldamento globale. E cioè che la concentrazione di CO2 in atmosfera, come altri fattori, influisce sul clima; che in questa fase storica l’anidride carbonica è molto più alta di quella che si è avuta mediamente nell’ultimo milione di anni; e che questa maggiore concentrazione è dovuta anche ad alcune attività umane, a partire dall’uso di combustibili fossili.

L’esperienza individuale può disorientare, ma per molte domande ci sono anche delle risposte. Il clima è sempre cambiato? Sì, ma a quanto risulta non in modo così rapido come in questi anni. Alluvioni, ondate di calore e fenomeni estremi ci sono sempre stati? Sì, ma la loro frequenza è aumentata notevolmente. In alcune zone una volta faceva più caldo? Certo, però il problema della temperatura globale non riguarda aree ristrette (come il lago di Como) o periodi limitati, ma, appunto, il mondo intero. E anche solo un grado in più può rappresentare un problema.

Gli accordi di Parigi si sono posti l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale in 2°C di aumento medio rispetto all’era preindustriale. Perché dovremmo preoccuparci di così poco? Il fatto è che non si tratta di prepararci a un’estate in spiaggia con 32 gradi invece di 30: dire 1, 2 o 3 gradi in più come media per tutto il pianeta significa che in alcuni posti il clima potrà restare lo stesso di sempre, in altri invece si morirà letteralmente a causa del caldo, in altri ancora ci saranno alluvioni devastanti, periodi di siccità estrema, oppure più inondazioni o incendi. Quando la Terra aveva una temperatura media più alta di 4 gradi rispetto a oggi forse non si stava male, il fatto è che i mari erano più alti di 10 metri. Un conto è arrivarci in 100mila anni, un altro nello spazio di qualche generazione. Molti di questi fenomeni li stiamo già osservando, come sanno bene i contadini, chi frequenta le montagne o studia i mari, le compagnie assicurative, chi vive in aree dove si è incominciato a migrare a causa del clima per continuare a sopravvivere.

Non si tratta di generare allarmi gratuiti, il clima può cambiare anche per ragioni diverse dalle attività umane, ma oggi chi fa ricerca scientifica ritiene sia necessario contenere le emissioni di CO2 nel tentativo di limitare i danni. Forse la scienza non riesce a fornire tutte le risposte, forse mancano molti elementi per decifrare a fondo i mutamenti climatici, e forse non saremo mai veramente capaci di “riparare” il clima. Ma perché dubitare a senso unico, escludendo a priori l’ipotesi che la scienza possa essere d’aiuto, arrivando fino a negare la necessità di un cambiamento degli stili di vita?

Certo, anche dietro alcune posizioni ambientaliste vi possono essere interessi economici, di sicuro però ci sono molti soggetti che hanno un grandissimo vantaggio nel lasciare le cose come sono, rallentare l’innovazione per la transizione ecologica o sostenere la propaganda negazionista. Pensiamoci, insomma. Di certo, su “Avvenire” non spacciamo per “certezze scientifiche” quelle che “sono solo ipotesi”, come Lei gentile signor Brenna scrive nella sua lettera. Cerchiamo invece di informare i lettori sulle novità più rilevanti per le ricadute che queste possono avere nella nostra vita e in quella delle generazioni future.
Un cordiale saluto

P.S.
L’articolo cui fa riferimento la lettera del signor Brenna rendeva conto di una ricerca scientifica pubblicata sulla rivista “Nature” e basata sul lavoro di una dozzina di gruppi di ricerca internazionali che hanno analizzato gli anelli di oltre 10.000 tronchi di piante vive, morte da secoli o fossili. Secondo lo studio, nell’emisfero settentrionale l’estate 2023 ha fatto registrare una temperatura media della superficie terrestre più alta di 2,20° C rispetto alla media del periodo tra l’anno 1 e il 1890.

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