Per sembrare intelligenti bisogna parlare di “bias cognitivo”, fortunata locuzione che per uno dei misteriosi fenomeni migratori del linguaggio è passata dagli studi di psicanalisi ai salotti Tv (sarebbe più sano il percorso contrario ma quello è un altro discorso). L’espressione indica il processo mentale per cui si tende creare una realtà soggettiva, non corrispondente all’evidenza, basata sulle proprie informazioni e quindi distorta. Consente di produrre in velocità “giudizi poggiati sul pregiudizio”, e persino Wikipedia avverte che si tratta di un «comportamento generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello», quelle dominate dal pensiero primitivo, per intenderci, ossia il pensiero stupido. Che sta trionfando.
Le due guerre recenti, quella in Ucraina prima, questa in Medio Oriente poi, non trovano una conclusione ma un vincitore (indiscusso) c’è già: il pensiero binario, degradato in un tifo da stadio (Kiev contro Mosca, Israele contro Palestina) capace di annientare qualsiasi ragionamento sulla complessità. «Poco male, si potrebbe dire, se non fosse che l’attitudine contagiosa a schierarsi da una parte o dall’altra – senza il tempo e soprattutto senza la voglia di capire –, ci rende complici della logica aberrante che porta direttamente alla guerra», rileva Federica Mormando, psichiatra e psicoterapeuta, che al tema ha dedicato il libro Sì/no On/off. Chi ha fatto la storia. «Ogni conflitto – spiega –, è l’applicazione perfetta del pensiero binario, il più semplice, il più facile: o tu o io». Attorno alla realizzazione della guerra nascono poi strategie strutturate, operate a volte con grande raffinatezza da chi gestisce il potere, ma alla base c’è sempre un Sì/No.
«Il problema - evidenzia a Mormando - è che questo a scuola non viene spiegato. E la nostra attitudine si forma lì, tra i banchi. Vengono esaltate le figure di grandi condottieri - Giulio Cesare, Carlo Magno, Napoleone -, senza mai accompagnare la spiegazione con una doverosa sottolineatura: che stupida l’umanità che ha fondato il destino di miliardi di persone; che ha bloccato la meraviglia che può nascere dall’intelligenza e dalla sensibilità umana; che ha bruciato il dono più grande che abbiamo, quello della vita, sulla base di un pensiero stupido: o io o te». E sì che l’alternativa ci sarebbe anche: «È la terza via – suggerisce la psicoterapeuta –: quella che, con il coraggio dell’assoluta novità, ci ha indicato Gesù. “Ama il tuo prossimo come te stesso” è un comando rivoluzionario, che esclude il sì/no e spinge alla comprensione. Non puoi ammazzare uno che sei tu. Il problema è che questa prospettiva non è funzionale alla volontà di potere. Non a caso ad essere ucciso è stato proprio lui: Gesù. Da registrare che anche un’altra libertà, quelle garantita dalle arti - musica, poesia, pittura e scultura, temute infatti da ogni dittatura, tanto da essere proibite o asservite – finisce per essere piegata a queste dinamiche: lo stiamo verificando in tanti festival, concorsi cinematografici, eventi culturali».
Il fatto è che la prossimità alla guerra sta rendendo la logica binaria dilagante, e la tendenza alla violenza inarrestabile. Amplificata e soprattutto legittimata sui social, sfogatoi di odio ignorante: lo dimostra la qualità del confronto, quasi sempre costruito sulla base di una conoscenza rabberciata (si provi a fare domande in profondità su una qualsiasi materia dibattuta) e inevitabilmente destinato a finire tra gli insulti.
Rapper e trapper ci mettono del loro: fanno pubblicità alla violenza, alle armi, alla droga, alla devianza, al sesso brutale. «Si affannano a spiegare che stanno raccontando la realtà in cui vivono. Invece – considera Mormando – si limitano ad appiattire tutto su ridicoli cliché: noi qui, il “sistema” là. Un’operazione vincente, perché gli slogan e i messaggi semplici passano facilmente, portano clic e consenso, ma assolutamente stupida. E pericolosa, perché motore di imitazione».
Anche i talk show, contenitori preziosi, teoricamente capaci di informare e formare tanta parte dell’opinione pubblica, non sfuggono alla logica della contrapposizione, anzi la coltivano, riducendosi a rumorose arene televisive in cui si sfidano ospiti competenti che si danno sulla voce, lacchè strutturali di una narrazione stereotipata e personaggi caricaturali funzionali solo alla rissa. «Vince chi urla di più – rileva Mormando -. Nessuno è interessato ad ascoltare l’altro, ma solo ad annientarlo. Il ragionamento critico è abolito, perché lento, pacato e richiede tempi di riflessione che la televisione non può o non vuole più concedere. Tra l’altro, l’esaltazione del politicamente corretto cui stiamo assistendo negli ultimi anni fornisce schemi molto adatti a questa logica: purché si resti dentro un certo binario, possiamo dire qualunque sciocchezza, senza produrre alcuno sforzo per capire o interpretare le sfumature della realtà. Sembriamo lo zoo di un altro pianeta dove ci sono esseri più evoluti». Per apparire intelligenti si potrebbe parlare di bias cognitivo. Purtroppo, è solo stupidità.