La distribuzione del pane ai poveri di guerra nella Cattedrale latina di Zaporizhzhia - Gambassi
«Ci sono stati nuovi attacchi. E le prime informazioni dicono che la situazione è difficile». Il vescovo Jan Sobilo ha appena riacceso il cellulare. Dai villaggi lungo il fronte hanno provato a contattarlo varie volte, ma lui aveva staccato il telefonino. Perché era in chiesa a presiedere la Messa del Giovedì Santo. Volevano confidagli la paura di chi vive a quaranta chilometri da Zaporizhzhia e si è trovato per l’ennesima volta sotto i colpi d’artiglieria. «Da giorni la città vive un clima di relativa tranquillità. Sospetto, direi. Siamo una comunità che resta nel mirino dell’esercito russo. E qui la quiete annuncia sempre la tempesta», sostiene Sobil. Ufficialmente è l’ausiliare della diocesi latina di Kharkiv-Zaporizhzhia. Per la gente di questo angolo dell’Ucraina, è solo il vescovo di Zaporizhzhia. Una regione che per l’80 per cento è occupata dalle truppe di Mosca. E la frontiera che separa l’Ucraina libera da quella in mano al nemico è anche la linea del fuoco. Fuoco che nel capoluogo e nei paesi della campagna arriva dal cielo, dai missili che piovono in poche decine di secondi una volta partiti dalle postazioni russe sul confine.
E' ancora deserto il condominio nella zona ovest di Zaporizhzhia centrato da un missile a ottobre - Gambassi
«Le autorità locali hanno lanciato l’allarme: nei giorni delle feste il pericolo di attacchi si fa più elevato», avverte il vescovo. Ma la cattedrale è piena per le celebrazioni del triduo pasquale. Ieri per la Via Crucis. L’altro ieri per la Messa in Coena Domini dove Sobilo lava i piedi anche a chi si dedica all’accoglienza dei profughi e dei “poveri di guerra”. «Nonostante molti nostri fedeli siano evacuati, in tanti si sono avvicinati alla fede dopo i primi giorni dell’invasione. Compresi i profughi fuggiti dalle zone occupate come Mariupol o Melitopol che a Zaporizhzhia vengono ospitati in maniera massiccia. Perché Dio è conforto nella sofferenza», chiarisce il presule 60enne d’origine polacca che da 32 anni svolge il suo ministero in Ucraina. Ed è proprio l’invito a farsi prossimi al centro delle sue riflessioni.
La lavanda dei piedi con il vescovo Sobilo nella Cattedrale latina di Zaporizhzhia - Gambassi
«Il cristiano è chiamato a servire, guardando soprattutto a quanti fanno più fatica», ripete nelle celebrazioni. Come quelli a cui i volontari della diocesi consegnano gli “aiuti del Papa”. Li ha fatti arrivare alla vigilia della Pasqua l’elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, che qui è venuto di persona. «Io sono con voi », ha scritto al vescovo Sobilo all’inizio della Settimana Santa. «Nella preghiera e con la solidarietà di Francesco», sottolinea il presule. E racconta: «Anche grazie al Papa siamo sopravvissuti all’inverno di guerra. Ad esempio, grazie ai generatori e alle stufe che ci ha spedito o agli abiti termici e al cibo». Una pausa. «Ed è meritorio il costante abbraccio dell’Italia». Poi tira fuori il telefono. «Cito la famiglia di Romano Alfieri, in provincia di Modena, che con le due figlie ci ha recapitato carichi di vestiario fuori del comune».
Gli aiuti ai più fragili di Zaporizhzhia - Gambassi
Nelle liturgie forte il richiamo all’unità spirituale. «I cristiani non possono separarsi dentro e fuori dell’Ucraina», ammonisce il vescovo che considera Zaporizhzhia un modello di collaborazione, in particolare con i protestanti. E dall’altare cita la Chiesa ortodossa ucraina che affonda le sue radici nel patriarcato di Mosca e che «non può seminare divisioni nella società». Il riferimento è al braccio di ferro con le autorità pubbliche. Accusata di contiguità con la Russia, sta alimentando proteste che da Kiev hanno riverberi in tutto il Paese.
La Via Crucis a Zaporizhzhia nella Cattedrale affollata - Gambassi
Il vescovo Sobilo ha voluto portare la «speranza della Pasqua», come la definisce, anche fra i soldati in prima linea. «Il confronto quotidiano con la morte – spiega dopo aver visitato martedì un battaglione – permette di scoprire a pieno che la vita ha senso solo se è in Dio». Assieme ai militari ha pregato. «E mi hanno chiesto le corone del Rosario: quelle semplici, bianche, in plastica. Le stesse che molti avevano in mano nella rivoluzione di piazza Maidan del 2014. Anche allora lottavamo per la libertà e la democrazia. Come succede oggi».