lunedì 22 aprile 2024
La chiesa del Buon Pastore compie 100 anni. La città festeggia i cristiani. Ma i blitz nei campi profughi alzano la tensione. E su Gaza la commissione indipendente scagiona Onu e accusa Israele.
A Gerico, dove i cristiani resistono. Tra retate e scontri

Pinto Ostuni Gianfranco

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È quando i militari abbandonano i posti di blocco, che la gente di Palestina comincia a preoccuparsi: spariscono i soldati israeliani, nessuna pattuglia palestinese ne prende il posto, là dove il deserto cede il passo alla quieta oasi verde. Ma è solo un’illusione: a fine giornata una donna sarà già stata uccisa, un campo profughi verrà rastrellato, e parecchi finiranno in galera.

Nella Valle del Giordano, tra il Monte delle tentazioni e il Mar Morto, Hamas ha fatto proseliti. A Gerico non si vedono turisti né pellegrini oramai da 200 giorni. Perfino i lesti contrabbandieri, abituati ad approfittare del consueto trambusto sul confine con la Giordania, non sanno più come sbarcare il lunario. E domenica mattina s’è finalmente visto un po’ di movimento perché la chiesa parrocchiale festeggiava i suoi cento anni e i fedeli aspettavano il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, con la delegazione di francescani.

Pinto Ostuni Gianfranco

Che sia stata una coincidenza o no, finita la festa è cominciata la battaglia. Fonti locali hanno dichiarato che le forze di occupazione hanno sparato a una donna, poi identificata come Manal Sawafta, 40 anni, di Tubas, e secondo l’agenzia di stampa ufficiale palestinese «hanno impedito alle squadre mediche di avvicinarsi». Fonti dell’esercito di Tel Aviv hanno affermato che Sawafta stesse tentando di aggredire a coltellate i militari, che si sono difesi dall’aggressione. Di conseguenza i posti di blocco sono stati riattivati per bloccare entrata e uscita nei pressi dell’abitato di al-Hamra al crocevia che collega le città della Cisgiordania con la Valle del Giordano centrale, meridionale e settentrionale. Vietato entrare, impossibile uscire.


Intanto nel distretto che scorre lungo il fiume del Battesimo di Cristo, i camion verdi scaricavano pesanti blocchi di cemento posizionati nel campo profughi di Aqabat Jabr, a sud di Gerico. Gli sfollati, eredi dei palestinesi via via allontanati dalla Cisgiordania in decenni di occupazione, hanno costruito villaggi che in questi mesi, senza lavoro né prospettive, sono serbatoi di disperazione e rabbia. Testimoni oculari hanno riferito che dopo le consuete operazioni, l’esercito ha preso d’assalto l’insediamento palestinese. A sera, quando sono andati via lasciandosi alle spalle danneggiamenti, arresti, e il rancore di chi giura di essere pronto alla guerriglia, Gerico è tornata la solita oasi senza pace. «In questo tempo così delicato, i miei parrocchiani vivono con tanta preoccupazione – racconta “abuna” Mario, il parroco –. Tanti di loro sono disoccupati perché non hanno più il permesso di lavoro in Israele. Chi ha qualche attività commerciale è in crisi perché Gerico è chiusa da tempo: oltre alla mancanza dei pellegrini, è stato fortemente limitato l’accesso anche a persone provenienti da Gerusalemme o dalla Galilea, quindi le attività commerciali sono state quasi totalmente bloccate. I bambini, in particolare, hanno risentito molto di questo clima e alcuni di loro sono molto spaventati». Non è facile essere cristiani a Gerico. Eppure la minoranza di credenti è quasi indispensabile per la vita e il futuro della città. Padre Mario Hadchiti è parroco dal 2012, superiore del convento francescano, direttore della Scuola Terra Sancta, che conta circa mille studenti (da 3 a 18 anni) ed è l’unico istituto frequentato da cristiani e musulmani della città. Per la festa del “Buon Pastore”, insieme ai fedeli cattolici ha organizzato una liturgia e una festa che ha coinvolto anche esponenti politici e i media della regione. E davanti a tutti loro, proprio nel tempo in cui la violenza domina e si infiltra, padre Francesco Patton ha ricordato che «a differenza del mercenario» il buon pastore agisce «spinto dall’amore per il proprio gregge, per ciascuno» e che «è disposto a donare perfino la vita e per il suo gregge sacrifica se stesso».

Pinto Ostuni Gianfranco


Sulla via principale, una strada larga e desolata, ci sono anche gli Onu. Le agenzie umanitarie dallo scorso 7 ottobre sono nel mirino di Israele, che ieri ha vito smentire buona parte delle accuse rivolte alle Nazioni Unite. Tel Aviv aveva accusato i dipendenti dell'Unrwa, l’agenzia per i profughi palestinesi a Gaza, di essere uomini o fiancheggiatori di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche. Accuse che hanno portato molti Paesi donatori tra cui l’Italia a congelare i finanziamenti nonostante le enormi necessità di 2,3 milioni di persone. Israele «deve ancora fornire prove a sostegno» delle sue affermazioni, ha affermato l'indagine indipendente guidata dall'ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna e commissionata dalle Nazioni Unite. Non solo. L'Unrwa aveva regolarmente fornito a Israele elenchi dei suoi dipendenti da sottoporre a controllo, ma «il governo israeliano non ha informato l'Unrwa di alcuna preoccupazione relativa al personale basato in queste liste dal 2011», afferma il rapporto secondo il quale l'agenzia è «insostituibile e indispensabile» per i palestinesi di tutta la regione. Tesi respinte dal ministero degli Esteri a Gerusalemme che, senza fornire le prove richieste ne rispondere delle incongruenze denunciate dalla commissione d’inchiesta, sostiene che il report «ignora l'enorme portata dell'infiltrazione di Hamas nell'Unrwa a Gaza».

A Gerico nessuno si sorprende davanti alle notizie che ognuno legge secondo il proprio comodo. La realtà è fatta di fatica e speranze. Anche per questo i cristiani non se ne vanno. Sarebbe più semplice provare a ottenere un permesso, varcare il confine oltre il Giordano, ed emigrare lontano con un biglietto di sola andata. «In questi anni - racconta padre Mario - ho celebrato sette matrimoni, che è una cosa molto rara a Gerico, visto che i cristiani sono pochissimi, ho fatto alcuni battesimi e ho visto crescere questi bambini. Sono riuscito a creare un buon rapporto con il mondo musulmano, specialmente con l’imam, e questa amicizia è diventata una bella testimonianza per tutti». E servirà per quando la guerra sarà finita e Gerico tornerà ad essere l’oasi sul confine dove ricominciare.

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