sabato 19 luglio 2014
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​​Ecco le tappe più significative della guerra di confine tra Ucraina e Russia prima della tragedia aerea di giovedì. 21 novembre 2013: il governo ucraino annuncia la decisione di non firmare l'Accordo di associazione e libero scambio con l'Unione europea, le preparazioni per il quale erano in corso dal 2007. Una protesta, inizialmente piccola, scoppia nel centro di Kiev, a Maidan Nezalezhnosti. Con il passare del tempo e l'allargarsi della protesta, manifestanti iniziano a chiedere le dimissioni del governo e del presidente Viktor Yanukovich. Contemporaneamente, a Kiev, nelle regioni orientali e in Crimea si svolgono manifestazioni in sostegno del governo. 21 gennaio 2014: dopo tre mesi di proteste prevalentemente pacifiche, iniziano scontri violenti tra manifestanti e polizia. Tre manifestanti muoiono colpiti da armi da fuoco.

18-20 febbraio: più di 100 persone muoiono durante l'operazione di sgombero forzato della piazza ordinato dal governo. La maggior parte di manifestanti muore colpita da cecchini.  

22 febbraio: il parlamento ucraino caccia il presidente Viktor Yanukovich. Nomina un nuovo presidente e un nuovo governo ad interim. Yanukovich fugge in Russia.   27 febbraio: uomini in divisa militare senza segni di riconoscimento occupano sedi del Parlamento e del governo in Crimea. In seguito, il presidente russo Putin ammetterà che sono soldati russi.   

16 marzo: si svolge il referendum annunciato dagli autoproclamati leader della Repubblica di Crimea per l'adesione alla Russia. La votazione, che si svolge in assenza di osservatori indipendenti e con uomini armati in molti seggi elettorali, si conclude con il risultato ufficiale di 96,7% voti in favore dell'unione con la Russia. La comunità internazionale denuncia il referendum come illegale e condanna l'annessione della Crimea dalla Russia, che segue.

12 aprile: uomini in divisa occupano uffici pubblici e della polizia, sequestrando le armi, nelle città di Sloviansk e Kramatorsk nella regione di Donetsk in Ucraina orientale. Il governo ad interim annuncia il lancio dell'operazione 'anti terrorismò per liberare le zone occupate. In seguito, separatisti filorussi proclamano la creazione di Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e l'11 maggio svolgono un referendum, i cui risultati non sono riconosciuti né da Kiev né da Mosca. La zona controllata dai ribelli si estende per una parte delle regioni di Donetsk e Lugansk.    20 giugno: il neoletto presidente Petro Poroshenko annuncia un cessate il fuoco unilaterale. Nonostante ciò, i combattimenti continuano, secondo le fonti governative in 10 giorni muoiono circa 30 soldati ucraini.  30 giugno: Poroshenko ordina di riprendere l'operazione militare nell'Ucraina dell'est. Entro il 5 luglio le forze ucraine riescono a riconquistare Sloviansk e Kramatorsk, insieme con alcune altre città. Il presidente Poroshenko annuncia che il territorio controllato dai ribelli si dimezza. Al momento separatisti ancora controllano i capoluoghi delle due regioni, Donetsk e Lugansk. E continuano anche feroci combattimenti nei checkpoint alla frontiera con la Russia. Le autorità ucraine denunciano che dalla Russia regolarmente entrano nel territorio ucraino convogli di carri armati, armamenti e mercenari russi. Almeno 34 cittadini russi muoiono nella battaglia per l'aeroporto di Donetsk il 26 maggio: il dato è confermato dai leader separatisti. Recentemente Kiev ha denunciato casi di bombardamenti del territorio ucraino provenienti dal territorio russo.

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