mercoledì 8 novembre 2023
Secondo una ricerca realizzata dal Censis per Assosomm, i giovani che non studiano né lavorano sono al 19%, rispetto al 26% di dieci anni fa. Miglioramenti soprattutto tra le donne e al Sud
Formazione e lavoro, in calo il numero dei Neet

Ansa

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Non è detto che un “Neet” resti tale per sempre. Anzi, davanti a percorsi di formazione immediatamente spendibili nel mondo del lavoro, i giovani che non studiano né lavorano acquistano fiducia, lasciandosi coinvolgere e attivandosi pienamente. L’Italia, dopo la Romania, ha il record di Neet a livello europeo: il 19% dei giovani tra 15 e 29 anni non studia e non lavora, contro una media Ue che è all’11,6%. Un dato alto, ma qualcosa sembra comunque muoversi, soprattutto al Sud e tra le donne: dieci anni fa, segnala una ricerca realizzata dal Censis per Assosomm (Associazione Italiana delle Agenzie per il Lavoro), il numero di giovani Neet (Not in Education, Employment or Training) era più alto di sette punti percentuali.

Un lento ma consistente movimento di attivazione sembra dunque in atto, pur restando differenze territoriali: nel Nord-est i Neet sono il 12,5%, nel Mezzogiorno sfiorano il 28% (27,8%). Nel 2018, però, al Sud i Neet erano addirittura il 33,6%. Due sembrano essere i fattori determinanti di questo processo, l’attivazione delle giovani donne e la formazione durante il lavoro. Le ragazze che non lavorano e non studiano sono passate dal 28% al 20% in 10 anni. Ciò vuol dire che, fatte 100 le Neet del 2012, quasi 30 hanno deciso di studiare o lavorare, o entrambe le cose insieme.

In particolare, sottolinea l’indagine, le ragazze del Mezzogiorno che partecipano ad attività formative durante il lavoro sono aumentate del 39% rispetto alle pari età del Centronord, che invece sono aumentate del 12%. Rispetto a 10 anni fa, le donne fanno registrare livelli più alti di partecipazione formativa sia tra gli occupati (54,5% a fronte del 50,5% degli uomini) sia tra i disoccupati (28,3% contro 24,8%). Proprio la formazione sembra elemento sempre più decisivo, visto che contribuisce ad aumentare il livello di fiducia dei giovani verso gli aspetti più concreti del mondo del lavoro. Restano da risolvere, naturalmente, questioni cruciali come i bassi salari e la stabilità del posto di lavoro, problemi ancora fortemente attuali e sentiti.

Riguardo ai Neet, “il problema, quindi, non era una presunta pigrizia innata dei giovani italiani - sottolinea Rosario Rasizza, presidente di Assosomm - ma una difficoltà oggettiva a far incontrare prima di tutto domanda e offerta di lavoro, ma anche formazione e lavoro. Perché un ventenne difficilmente può essere attratto da un corso di formazione astratto e con prospettive incerte, mentre è più facilmente coinvolgibile in una formazione già inserita e immediatamente spendibile nel mondo del lavoro”. Secondo l’indagine, il 21% dei giovani si rivolge direttamente ad un’Agenzia per il lavoro, anche grazie alla formazione direttamente connessa all’impiego. Basti pensare che dal 2014 al 2022 i giovani fino a 29 anni assunti con un contratto in somministrazione sono aumentati del 42%, da 326mila a 461mila.

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