mercoledì 6 settembre 2023
Al vertice di Nairobi, l'Ue propone al continente un'alleanza in vista della Cop28. Molti Paesi sub-sahariani dipendono dalle fonti fossili e ottengono fondi solo per i crediti di carbonio
Attivisti per il clima a Nairobi, in Kenya

Attivisti per il clima a Nairobi, in Kenya - Ansa

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Occorrerebbe sperare che il tutto non si riduca alla fiera del carbon credit, che l’Africa non diventi, oltre che continente in cui accaparrarsi risorse del sottosuolo, anche territorio franco in cui le potenze inquinanti acquistano illimitati crediti di carbonio per poter continuare a inquinare indiscriminatamente altrove. Quello dei carbon credit è proprio uno degli aspetti che maggiormente è emerso dal vertice sul clima che si chiude oggi a Nairobi, in Kenya, e che ha visto ieri il segretario generale Onu Antonio Guterres esortare la comunità internazionale a contribuire a rendere l’Africa «una superpotenza delle energie rinnovabili». Obiettivo ambizioso ma lontanissimo, considerando da un lato che gli investimenti sono ancora limitati e, dall’altro, che diversi Paesi africani – soprattutto quelli che, come la Nigeria, dipendono dagli idrocarburi – puntano molto sui combustibili fossili, convinti che questi ultimi siano vitali per la sicurezza energetica e la crescita economica.

L’organizzazione non profit Climate policy initiative stima che l’Africa necessiti di 277 miliardi di dollari l’anno per implementare politiche adeguate a raggiungere gli obiettivi sul clima dell’Agenda 2030, ma al momento i flussi finanziari verso il continente su questo fronte si limitano a 30 miliardi di dollari annuali. Dagli Emirati arabi uniti è arrivato ieri l’impegno di 4,5 miliardi di dollari di investimenti nell’energia pulita africana: di questi fondi, un decimo, 450 milioni, saranno carbon credit. I crediti di carbonio sono certificati che le aziende acquistano per avere il “diritto” di emettere una tonnellata di anidride carbonica, in cambio di finanziamenti a progetti che tagliano emissioni, di solito nei Paesi in via di sviluppo, progetti che includono ad esempio la riforestazione. Di fatto, è un mercato in crescita a cui i governi africani guardano con estremo interesse, insieme ad altri strumenti finanziari, per ottenere in altro modo quei fondi che faticano ad arrivare dai Paesi donatori.

Per molti esperti questo meccanismo resta, però, un’arma a doppio taglio per il pianeta, visto che concede ai Paesi ricchi di continuare a inquinare, anche se pagando. Gruppi ambientalisti come Greenpeace lo definiscono, al più, come una foglia di fico nella lotta al cambiamento climatico, una distrazione da una genuina riduzione delle emissioni. L’African Carbon Market Initiative, un’iniziativa che comprende diversi Paesi africani tra cui il Kenya e la stessa Nigeria e che è stata lanciata alla Cop27 lo scorso anno, ha come obiettivo quello di incrementare i carbon credit generati nel continente, in modo da ottenere entrate per 6 miliardi di dollari entro il 2030 e addirittura 120 miliardi entro il 2050. Al vertice di Nairobi uno degli obiettivi degli organizzatori è stato proprio quello di presentare l’Africa come destinazione di investimenti climatici, più che puntare sugli aspetti delle conseguenze del cambiamento climatico, come le inondazioni, la siccità e l’insicurezza alimentare. Conseguenze che, in relazione al 4% di emissioni inquinanti di cui l’Africa è responsabile – un’inezia rispetto a gigante come Stati Uniti, Cina e India – restano drammatiche.

Nel 2021, oltre 2,6 milioni di persone sono state sfollate nell’Africa sub-sahariana a causa dei fenomeni climatici estremi. Secondo la Banca di sviluppo africana, i costi e i danni associati al cambiamento climatico nella regione vanno dai 289 ai 440 miliardi di dollari. L’Africa è un hub ideale per il solare e l’eolico, ma, secondo i critici, molti investimenti hanno contribuito a nutrire una élite corrotta, senza effetti positivi nella lotta alla povertà e nell’accesso alle risorse energetiche. Nella regione sub-sahariana sono 600 milioni le persone che vivono senza energia elettrica. La presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, parlando ieri a Nairobi, ha sottolineato che «l’Europa vuole essere il partner» dell’Africa per colmare il gap di investimenti nel continente e che proprio all’Africa è destinata metà del piano Ue da 300 miliardi di euro denominato Global Gateway. Si va da finanziamenti per le centrali idroelettriche nella Repubblica democratica del Congo, in Burundi e in Tanzania all’iniziativa per l’adattamento al clima e la resilienza in Africa annunciata alla Cop27. «Non siamo interessati solo a estrarre risorse», ha chiosato Von der Leyen, offrendo anche un’alleanza in vista della Cop28 di Dubai sul fronte della tariffazione globale del carbonio e 1 miliardo di euro in green bond per l’Africa. Il presidente keniano William Ruto ha chiesto un accordo globale di riduzione del debito per aiutare i Paesi africani indebitati a combattere gli effetti dannosi del cambiamento climatico: «Se non si risolve il problema del debito, non si può risolvere il problema del clima», è necessario trovare «un nuovo strumento per i Paesi africani per prevenire il default prima che si verifichi». Il segretario generale Onu Guterres ha chiesto ai Paesi sviluppati «una giustizia climatica» nei confronti delle nazioni che più subiscono gli effetti delle emissioni, ricordando la necessità di rendere operativo il fondo da 100 miliardi di dollari l’anno proposto alla Cop28. Non è più tempo di promesse mancate.

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