lunedì 29 aprile 2024
L'Acea: "Per centrare gli obiettivi Ue servirebbe un numero otto volte superiore entro il 2030". Nel nostro Paese i punti di ricarica sono 54.164
 Allarme europeo: mancano milioni di colonnine. Ma in Italia crescono
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Un nuovo rapporto dell'Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) rivela un allarmante divario tra l'attuale disponibilità di punti di ricarica pubblici per le auto elettriche in Europa e ciò che sarà necessario nella realtà per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2. Secondo il rapporto dell'Acea, tra il 2017 e il 2023 le vendite di auto elettriche sono cresciute tre volte più velocemente dell'installazione di punti di ricarica. In prospettiva, l'Ue ha bisogno di un numero di colonnine otto volte superiore all'anno entro il 2030. "Abbiamo bisogno di un'adozione di massa delle auto elettriche in tutti i Paesi per raggiungere gli ambiziosi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2. Ciò non avverrà senza una diffusa disponibilità di infrastrutture di ricarica pubbliche in tutta la regione", ha dichiarato il direttore generale dell'Acea, Sigrid de Vries.

Lo scorso anno sono stati installati poco più di 150.000 punti di ricarica pubblici in tutta l'UE (in media meno di 3.000 a settimana), per un totale di oltre 630.000. Secondo la Commissione europea, entro il 2030 dovrebbero essere installati 3,5 milioni di punti di ricarica. Raggiungere questo obiettivo significherebbe installare circa 410.000 punti di ricarica pubblici all'anno (o quasi 8.000 a settimana) - quasi tre volte l'ultimo tasso di installazione annuale.

L'Italia in realtà su questo argomento può sfoggiare numeri molto positivi, soprattutto considerando la percentuale ancora limitata di vetture a batteria circolanti. Al 31 marzo risultano installati nella Penisola 54.164 punti di ricarica a uso pubblico, con un progresso alla fine del primo trimestre del 31,5% rispetto al 2023. Dal monitoraggio di Motus-E emerge che negli ultimi due anni il numero dei punti di ricarica è praticamente raddoppiato. Insieme al numero delle colonnine cresce anche l’incidenza delle infrastrutture a più alta potenza, con il 34% dei punti installati nell’ultimo anno di tipo veloce e ultraveloce. Una soluzione che associata alle sempre più diffuse colonnine urbane in bassa potenza, dove poter lasciare l’auto in ricarica la notte o mentre si svolgono altre attività, mira a soddisfare tutte le possibili esigenze degli automobilisti elettrici, in città e fuori.

Le regioni con più punti di ricarica vede in testa ancora la Lombardia (10.158 punti di ricarica, +3.497 negli ultimi 12 mesi), davanti a Piemonte (5.841 punti, +1.626), Veneto (5.167 punti, +998), Lazio (5.141 punti, +1.109) ed Emilia-Romagna (4.516, +784).
Quanto alle città, Roma rimane al primo posto (4.006 punti), seguita da Milano (3.246 punti), Napoli (2.679 punti) che si conferma la città metropolitana dove l’infrastruttura sta avanzando più rapidamente, Torino (2.429 punti) e Brescia (1.600 punti). Sulle autostrade i punti di ricarica si attestano a 942 unità (dalle 559 del marzo 2023 e le 150 del marzo 2022), di cui l’85% è del tipo veloce in corrente continua e il 61% supera addirittura i 150 kW di potenza. Il 40% delle aree di servizio autostradali è dotato ormai di infrastrutture per la ricarica.

“Lo straordinario sviluppo registrato negli ultimi anni è un’ottima notizia per il Paese e per chi vuole passare alla mobilità elettrica in vista dell’attuazione del nuovo Ecobonus, che speriamo veda presto la luce per scongiurare la fisiologica paralisi del mercato auto seguita all’annuncio dei nuovi incentivi”, commenta il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, osservando che davanti a un’infrastruttura così ampia, sostenuta finora quasi esclusivamente da investimenti privati, “la progressiva crescita del circolante elettrico, che potrà trovare anche nelle flotte aziendali una leva molto importante, avrà un ruolo chiave anche per preservare e ampliare il vantaggio economico della ricarica elettrica rispetto alle alimentazioni tradizionali, maggiormente esposte alle tensioni geopolitiche internazionali”.

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