domenica 23 agosto 2015
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La manovra è destinata a crescere di dimensioni. Dopo i 25 miliardi ipotizzati la scorsa settimana, fonti di governo parlano ormai apertamente di «30 miliardi e forse qualcosa di più». Ma è ancora presto per dare una cifra esatta che arriverà, come sempre, solo a fine settembre, quando l’esecutivo tirerà le fila di tutte le proposte ora sul tavolo traendone una sintesi politica. Sintesi che potrebbe muovere i primi passi già nel prossimo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva (giovedì prossimo) e della quale potrebbe iniziare a parlare il ministro Pier Carlo Padoan mercoledì, ospite del meeting di Cl a Rimini.  Quello che certamente però non potrà saltare è la promessa del premier, Matteo Renzi, di proseguire sulla strada della riduzione fiscale, partendo l’anno prossimo con la prima casa (via la Tasi). Il tutto per un impegno che sarebbe di circa 4-5 miliardi. Ma si continua a ragionare anche sulle pensioni: tra le proposte, emerge anche quella di un taglio di 6 punti ai contributi per facilitare le assunzioni a tempo indeterminato. Ipotesi che però - fanno notare fonti di governo - vorrebbe dire anche «una sicura riduzione della pensione per i lavoratori. Questo se fatto a costo zero. Viceversa si porrebbe il problema di coprire la spesa», cioè avrebbe un costo da valutare.  Secondo il sito il Sussidiario, inoltre, lo stesso capo del governo avrebbe confermato un intervento sulla flessibilità in uscita nelle risposte date ai lavoratori precoci (coloro che chiedono di andare in pensione con 41 anni di contributi senza penalizzazioni) che a lui si sono rivolti.  Molti sono i capitoli allo studio per recuperare risorse. A partire da quelli relativi al taglio della spesa pubblica, ora nelle mani di Yoram Gutgeld. Il quadro dei conti pubblici per il 2016 dipende però strettamente anche dai temi della crescita (dell’anno prossimo) e della flessibilità sui conti che il governo riuscirà a strappare in sede Ue. Alla luce delle ultime turbolenze sui mercati, Cina in testa si conferma infatti, secondo gli economisti, l’ipotesi che il Pil italiano cresca l’anno prossimo meno dell’1,4% ipotizzato dal governo nel Def. Dopo l’avvertimento di Moody’s, arrivano le prime revisioni al ribasso, come quella del centro studi Prometeia (da +1,6 a 1,3%). E anche l’economista Giacomo Vaciago parla di «una stima a mio parere già ottimistica». Una ulteriore frenata ovviamente metterebbe in difficoltà il governo Renzi nella predisposizione della manovra e anche nella richiesta di nuova flessibilità da negoziare con Bruxelles, per reperire altri 46 miliardi. Ma il governo continua a professare ottimismo: «Non vedo ripercussioni negative immediate. La situazione potrebbe anzi avviare una riflessione sulla politica comune che l’Europa dovrebbe avere in situazioni del genere», afferma Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia.
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