lunedì 22 aprile 2024
La leader candidata nelle circoscrizioni Centro e Isole, ma Prodi dice no: chi vince e non va in Ue ferisce la democrazia. Severo anche Conte.
Schlein: non metterò il mio nome nel simbolo, era una scelta divisiva

ANSA

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Alla fine Elly Schlein fa retromarcia: non ci sarà il suo nome nel simbolo del Pd. "E' una proposta che divide e non rafforza la lista", ammette la segretaria del Pd durante una diretta Instagram con cui annuncia il sì all'unanimità allo schema di liste del Pd alle Europee. Un passo indietro che immediatamente Fratelli d'Italia afferra e ribalta come accusa: "Noi, invece, siamo fieri del nostro leader", scrivono sui social i meloniani, che porteranno ben visibile il nome della premier nel simbolo, insieme alla fiamma tricolore.

La segretaria ha inoltre sciolto la riserva sulla sua presenza: correrà alle europee come capolista nelle circoscrizioni Centro e Isole. Una mossa prevista, ma che divide il Pd. La bocciatura più netta arriva da Romano Prodi da sempre sostenitore della segretaria. «Non mi dà retta nessuno... Chiedere il voto e poi non fare l'europarlamentare provoca ferite alla democrazia che scavano un fosso. Vale per Meloni, Schlein, Tajani e tutti gli altri...». Duro anche il capo dei 5 stelle e potenziale alleato nella costruzione del "Campo largo". «Per noi del M5s è una presa in giro dei cittadini», tuona Conte. E chiosa: «Non è una questione di Schlein, ma anche di Meloni e degli altri leader». C'è agitazione nel Pd. Le parole di Prodi, piombate in mezzo alla direzione del partito riunita per approvare le liste per le europee, pesano e fanno pensare. Al Nazareno, il clima era già piuttosto teso, per la proposta del presidente del partito Stefano Bonaccini di inserire il nome della segretaria nel simbolo per le europee. Un'ipotesi che ha creato divisioni sia nella maggioranza del Pd sia nella stessa minoranza guidata proprio da Bonaccini. Tanto che la decisione è stata rinviata e, infine, archiviata dalla stessa Schlein. Senza particolari scossoni, invece, il via libera ai candidati: i capolista sono Schlein al Centro e nelle Isole, la figlia del fondatore di Emergency Cecilia Strada al Nord ovest, Bonaccini al Nord est e la giornalista Lucia Annunziata al Sud. Fra i candidati, l'ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio, l'ex sardina Jasmine Cristallo, i sindaci Giorgio Gori, Dario Nardella, Matteo Ricci e Antonio Decaro, il primo firmatario della legge contro l'omofobia, Alessandro Zan, che corre in più circoscrizioni, l'ex segretario Nicola Zingaretti, il giornalista Sandro Ruotolo. In direzione, il tema spinoso è stato quello del nome della segretaria nel simbolo. «Non sono dell'avviso che possa funzionare un modello di partito leaderistico», ha detto Peppe Provenzano, che ha sostenuto Schlein al congresso. Fra le minoranze, critico Gianni Cuperlo: «Una scelta non necessaria». Contrari anche diversi esponenti di Energia popolare, l'area di Bonaccini. I loro interventi sono stati letti da molti anche come espressione di una polemica montante verso la leadership interna del presidente. Quella del nome nel simbolo «è una proposta che spacca il partito», ha detto Annamaria Furlan. In difesa di Schlein, il capogruppo al Senato, Francesco Boccia: «Penso che il nome della segretaria nel simbolo serva a confrontarsi con Giorgia Meloni e a garantire quel valore aggiunto che tutti riconoscono» a Schlein.
La candidatura della segretaria ha alimentato un altro capitolo di polemica col M5s. «Correre per acquisire qualche voto in più per noi è impensabile», ha insistito Conte che ha chiarito: «Io non sarà candidato e il mio nome non sarà nel simbolo». La risposta indiretta di Schlein è arrivata nelle repliche in direzione: «La mia candidatura è a disposizione del partito» anche perché «se c'è una persona che ha in astio la personalizzazione della politica sono io». E poi, un avvertimento: «Questa ostinazione nel metterci al servizio di una prospettiva più alta» per creare l'alternativa alla destra «non è porgere l'altra guancia, non è buonismo». Le liste sono «espressione di una idea dell'Europa e del Pd che vogliamo, un partito aperto che si lascia attraversare dalle migliori energie della società e che rivendica la competenza dei suoi amministratori, dirigenti e militanti. Una lista plurale».

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