Ansa
A parole, a Capodanno, tutta una corsa a congratularsi con Sergio Mattarella; nei fatti, però, non c’è traccia di «costruttori », e gli «illusori vantaggi di parte» restano al centro della contesa. Dal Quirinale trapela grande amarezza per una verifica che procede a suon di proclami, per marcare il territorio. La strategia indicata da Mattarella, la messa al centro della politica e della coesione nazionale lasciando da parte i personalismi, non fa proseliti. Prevale la tattica individuale, priva di 'visione' per il bene del Paese. Con Renzi che alza ogni giorno l’asticella, con l’opposizione che indica l’impraticabile soluzione Draghi.
La richiesta di Mattarella per una pianificazione «concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse» assomiglia alla strada indicata dall’ex presidente della Bce, ma una maggioranza che si perde nei personalismi e un’opposizione che al Senato, sulla legge di Bilancio, si lancia in paragoni imbarazzanti fra Merkel e Hitler, danno il quadro di un Parlamento che non consente al capo dello Stato di giocarsi la carta del più grande europeista su piazza, a rischio di bruciarlo. E allora, ancora una volta, sul Colle non si intravedono alternative all’attuale capo del governo. Ma, forse per la prima volta, è proprio Conte la fonte di maggiore amarezza, per Mattarella.
Riavvolgendo il nastro, non si capirebbe quel che sta accadendo se non si andasse all’irruzione sulla scena del 'fattore-Biden'. Il presidente eletto degli Usa, in un novello piano Marshall da tracciare, diventa interlocutore ineludibile per l’Italia. E Renzi nel suo vantare, con Mattarella, un rapporto privilegiato col futuro inquilino della Casa Bianca ha indicato un’opportunità, prima che una sua ambizione. L’errore fatale di Conte è stato derubricare il tutto come «fame di poltrone», alludendo sornione al 2/3% di cui è accreditato Italia Viva, senza accorgersi che un eventuale nuovo apporto di Renzi, che il Quirinale era pronto a 'benedire', avrebbe rafforzato innanzitutto lui, e tramite lui l’Italia. Invece, anche se quella frase velenosa Conte l’ha smentita in un faccia a faccia prima di Natale (durato pochi minuti) con Renzi, pesa ancora come un macigno e mina la soluzione che ancora ora sarebbe la più 'forte', ossia l’ingresso del leader di Iv nell’esecutivo in un incarico di peso.
Neanche serve parlare di scenari ancora lontani nel tempo come la sua designazione a segretario della Nato, che Renzi avrebbe le carte in regola per ottenere. Conta l’oggi, il cul de sac in cui si è ficcata ora la verifica. Perché una volta trovata l’intesa sui Servizi e sulla riscrittura del Recovery, una volta trovato un compromesso sull’utilizzo del Mes sanitario, è chiaro che il suggello non potrebbe che essere un ridisegno in chiave più 'politica' del nuovo esecutivo. Con un passaggio necessario per le Camere a chiudere la precedente esperienza per aprirne una nuova.
Come chiede Renzi. Una crisi 'pilotata', insomma. Ma Conte non si fida. E allora, per uscirne fuori, c’è chi vorrebbe chiedere all’'Arbitro' di travestirsi da 'Pilota'. Come quando, trovata l’intesa, fu Mattarella a premere sul Pd per fargli accettare Conte. Ancora una volta, per percorrere l’ultimo miglio servirebbe un intervento del Quirinale a chiudere la contesa. Ma Mattarella non accetterà di fare da collante fra pezzi che non stanno insieme. L’operazione 'responsabili' per dar vita a un Conte-ter, ammesso che ci siano i numeri, sarebbe valutata come inadeguata. Ma anche restando con questa maggioranza, viene richiesta un’intesa 'vera'. Altrimenti meglio andare al voto e ognuno si prenda le sue responsabilità, è la riflessione di queste ore. Figlia della grande amarezza che c’è sul Colle.