Il libro scritto da Gino Cecchettin e dedicato alla figlia Giulia - Ansa
Ha colpito profondamente anche Papa Francesco la terribile vicenda di Giulia Cecchettin, uccisa a 23 anni dal suo ex fidanzato Filippo Turetta. Tanto che lo scorso febbraio il pontefice aveva scritto una lettera ai detenuti del carcere di Cagliari per ringraziarli delle parole che avevano rivolto ai genitori dell’assassino, e che avevano voluto condividere con lui: «Mi ha fatto bene percepire la vostra vicinanza con i sofferenti – le parole del Papa in quell’occasione –: dove alla violenza si risponde con il perdono, la vicinanza e la compassione, là anche il cuore di chi ha sbagliato può essere vinto dall’amore che sconfigge ogni forma di male». Era solo un primo passo. Quella vicinanza Francesco voleva farla sentire anche al papà di Giulia, Gino, che in questi mesi – col suo stile sobrio, con le parole misurate che hanno commosso l’Italia intera ai funerali della figlia – è diventato in qualche modo il simbolo della risposta (possibile) di compassione e di amore alla violenza. E così giovedì scorso il Papa ha deciso, come spesso ha fatto in passato con altri, di telefonargli.
A rivelarlo è stato lo stesso Cecchettin, durante la presentazione pubblica del suo libro “Cara Giulia”, al teatro Verdi di Padova. La chiamata è giunta tramite il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei: «È stato lui a prendere la parola, presentarsi e dirmi “Ti passo il Santo Padre” – ha raccontato –. Io ho un rapporto con i “piani sopra” un po' equivoco, ma per quanto uno non ci creda, il Papa rappresenta due miliardi di persone. Quando senti le sue parole senti due miliardi di persone che ti danno una pacca sulla spalla e ti sostengono. Questo è un altro dono di Giulia». Già, perché la terribile fine della studentessa di Padova ha seminato consapevolezza e coraggio nuovi nella lotta contro i femminicidi e la violenza di genere, moltiplicando l’impegno delle associazioni, convincendo tante giovani a denunciare, spingendo le istituzioni a prendere in esame misure sempre più concrete e stringenti per prevenire e contrastare il fenomeno. E proprio Gino Cecchettin, con il suo libro sulla figlia, è in prima fila: sta raccogliendo fondi per una fondazione che metterà insieme proprio una serie di associazioni già operative sul fronte del sostegno alle donne vittime di violenza prevenzione. «Penso anche a borse di studio e case rifugio» ha detto.
In questo impegno, e la telefonata del Papa lo dimostra, c’è da sempre anche la Chiesa. Francesco, che ha scandito per la prima volta la parola “femminicidio” con una forte denuncia durante un suo viaggio apostolico in Perù il 20 gennaio del 2018, ha invocato più volte la necessità di combatterne la piaga: «Sono molte le situazioni di violenza che sono tenute sotto silenzio al di là di tante pareti» le sue parole proprio in quell’occasione, durante la celebrazione mariana per la Virgen de la Puerta. E ancora, lo scorso 23 novembre: «La violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici. Queste radici – scriveva il Pontefice su X - crescono nel terreno del pregiudizio e dell’ingiustizia; vanno contrastate con un’azione educativa che ponga al centro la persona con la sua dignità». Esercitare violenza contro una donna o sfruttarla, d’altronde, per il Papa «non è un semplice reato, è un crimine che distrugge l’armonia, la poesia e la bellezza che Dio ha voluto dare al mondo». Proprio ieri Francesco è tornato sulla questione femminile – la cui rilevanza per il Papa è stata evidenziata anche dalla scelta innovativa di dare il voto alle donne nel Sinodo – nel messaggio che ha inviato a un convegno promosso nella Curia generalizia dei gesuiti, sul tema “Donne leader: verso un futuro migliore”, organizzato dalla Caritas Internationalis alla vigilia dell’8 marzo: «Serve più impegno nella promozione della pari dignità delle donne».