giovedì 16 maggio 2024
Il congedo del questore Giuseppe Petronzi a Milano: «Tante persone in mezzo alla strada e molti recidivi: la minaccia può essere ovunque. La risposta è essere in grado di intervenire sempre in tempo»
Giuseppe Petronzi lascia Milano e va a Trento come commissario di Governo (prefetto)

Giuseppe Petronzi lascia Milano e va a Trento come commissario di Governo (prefetto) - undefined

COMMENTA E CONDIVIDI

Qualche faccia nuova spunta sempre. Per il resto ci si conosce ormai più o meno tutti. L’atmosfera è da gita scolastica di fine anno (fuori piove a dirotto, a rafforzare questa sensazione): professore, accompagnatore, primo della classe, ripetente, secchione e contestatore; non c’è poi tutta questa differenza. Il che non guasta, se si cerca la sincerità di una risposta, anziché “tracciare un bilancio di tre anni e mezzo di lavoro dell’ormai ex questore di Milano Giuseppe Petronzi, promosso prefetto e commissario di governo dell’ente autonomo della provincia di Trento”.

In questi anni si è sempre parlato di un problema sicurezza a Milano. Ci sarà stato qualcuno che ha chiesto le sue dimissioni?
Molti lo avranno pensato. Nessuno le ha chieste...Del resto: se c’è un Daniel Pennac, ci dev’essere anche un Malaussène. (Traduzione libera: se c’è chi scrive di mestiere, ci dev’essere anche un capro espiatorio, che è appunto il mestiere del capostipite della saga omonima scritta da Pennac. Benjamin Malaussène: capro espiatorio, sacrificabile di professione. Capro espiatorio che è a sua volta all’origine delle teorie di René Girard sulla violenza regolamentata e sulla nascita dell’ordinamento sociale, prima, e giuridico poi. Insomma se n’è andato da Milano un questore che, pur amando le cifre e avendo sposato i fatti, è di buone letture).

Durante il suo discorso alla festa della polizia aveva detto: ci sono troppi casi di aggressioni con i coltelli in strada, un fenomeno già esploso a Londra; c’è una crescente insofferenza verso le forze dell’ordine, con un numero di agenti feriti raddoppiati, c’è un 18% di casi di arresti di recidivi, e ci sono in media sei interventi al giorno nei confronti di soggetti con problemi psichiatrici. Meno di un mese dopo il vice ispettore Christian De Martino è stato accoltellato da una persona psichicamente alterata da sostanze, con precedenti, destinatario di tre decreti di espulsione.
Siamo sempre stati attenti lettori della città e delle sue dinamiche. “Esserci sempre”, il nostro motto, aldilà della retorica, è rappresentato nei fatti da Christian e Jessica (la poliziotta delle volanti intervenuta per fermare un rapinatore minorenne di orologi che le ha fratturato il naso con una testata). Il caso del nostro agente accoltellato è rivelatore anche di altro. È avvenuto a Lambrate. La prima cosa che ho fatto è stata di chiedere l’elenco dei precedenti episodi di aggressione in zona. Non ce n’era uno. Ciò significa che abbiamo una criminalità, composta da persone irregolari, che gira per la città e che non occupa spazi fissi. La risposta è fare densità, essere in grado di intervenire in tempo sempre e dimostrarlo ai cittadini. Certo esiste il tema degli immigrati irregolari e il nostro ordinamento si basa sia sulla parte giudiziaria repressiva che su quella amministrativa, delle espulsioni. Entrambe devono funzionare e, come amo dire: noi, come polizia, percorriamo solo l’ultimo miglio della corsa.

Le manifestazioni pro Palestina, le tendopoli in università la preoccupano?
Sinora sono situazioni che si stanno svolgendo dentro un perimetro non violento, all’interno del normale dibattito universitario. Il mio compito è stato quello di monitorare che le cose rimanessero dentro quel perimetro. Diverso è il caso di quanto accaduto il 25 aprile scorso in piazza Duomo. Quello sì mi preoccupa. Lì c’è stata una contestazione violenta e istintiva che ha individuato un bersaglio e che lo ha fatto sentire tale.

In questi tre anni e mezzo a Milano sono stati riconosciuti fenomeni criminali che prima non erano considerati propriamente tali: si è indagato sistematicamente prima sulle bande giovanili, poi sui trapper e ora sugli ultras.
Per quanto riguarda i trapper non ho riconosciuto subito il loro messaggio violento. Inizialmente ho pensato come tanti che la loro fosse una narrazione. Invece il loro racconto è espressione di una violenza reale e perseguita. Degli ultras è sufficiente dire che l’omicidio tuttora irrisolto, su cui stiamo lavorando, quello di Vittorio Boiocchi, è chiaramente collegato a dinamiche interne a quella realtà.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: