venerdì 29 marzo 2024
Lo sguardo parziale, come quello che si è focalizzato su un particolare per definirlo “blasfemo”, è spesso uno sguardo distorto. Se esasperato, rischia di produrre azioni distorte
Andrea Saltini, "Pescatore di uomini (ascensione di Pietro)", 2023

Andrea Saltini, "Pescatore di uomini (ascensione di Pietro)", 2023 - CsArt/Museo Diocesano di Carpi

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La difficoltà a mettersi in dialogo con l’arte contemporanea, come quella emersa a proposito della mostra “Gratia plena” di Andrea Saltini allestita al Museo Diocesano di Carpi, appare il sintomo di una più ampia difficoltà ad allargare lo sguardo, ad aprire l’orizzonte, preferendo invece scegliere la più facile (e pericolosa) strada dei toni urlati e delle campagne d’odio portate avanti via tastiera. Concentrarsi su un particolare può far perdere di vista l’insieme, cioè il contesto che solo può consentire di comprendere quello stesso particolare.

Se la si abbraccia nella sua interezza, la mostra “Gratia plena” interroga lo sguardo del credente. Lo fa un artista che credente non è, ma con i credenti si pone in dialogo: come ha precisato nella prefazione al catalogo don Carlo Bellini, vicario episcopale per la pastorale, «la spiritualità può essere legata ad una religione ma anche essere una spiritualità senza Dio, in quanto espressione naturale della maturità umana [...]. Se osserviamo le opere di Andrea Saltini dobbiamo riconoscere che sono intrise di spiritualità». E aggiunge la critica Cristina Muccioli: « Nelle sue opere si avverte l’esercizio, che in greco era ascesi, di consegnarci un varco tra invisibile e visibile [...]. I soggetti di Saltini sono evocazioni misericordiose, convocate e accolte senza esclusioni igienico-estetiche».

Ecco, senza esclusioni: Saltini interroga il credente. E lo fa proprio attraverso quelle figure che, con piglio vivisezionatorio, si affollano attorno ai corpi di Cristo o di Maria. Interroga la nostra capacità di porci su un piano di comprensione del mistero diverso da quello anatomico-scientista, del razionalismo miope che tutto vorrebbe ricondurre a categorie soltanto umane. La domanda che occorre porsi, e che questa mostra effettivamente pone, è quella su quanto limitiamo la nostra comprensione del reale al mero qui e ora, su quanto tentiamo di adattare il mondo attorno a noi alla misura della nostra finitezza.

L’artista è esplicito: «Credo che il senso di trascendenza, forse percepibile in queste opere, venga dai nostri tentativi di tendere a un qualche mistero più grande. Penso che la serie “Gratia plena” ruoti intorno alla ruota dell’uomo e al bisogno, in qualche modo, di trascendere la nostra sofferenza. In realtà non si limita a parlare di questa lotta; è, in sé, evidenza di questa lotta». Quelle opere “senza esclusioni igienico-estetiche” invitano a prendere coscienza del limite che costitutivamente segna l’uomo e la sua comprensione della realtà, senza pretendere che sia la realtà a conformarsi a tale limite. Lo sguardo parziale, come quello che si è focalizzato su un particolare per definirlo “blasfemo”, è spesso uno sguardo distorto. Se esasperato, rischia di produrre azioni distorte.

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